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Venerdì, 29 Marzo 2024
Licata Licata

"Aggredito a sprangate al volto per rappresaglia", cancellate quattro condanne

La Corte di appello ribalta la sentenza di primo grado e assolve gli imputati, accusati di rapine, violenza privata e lesioni personali, "per non avere commesso il fatto"

Assoluzione per non avere commesso il fatto: secondo i giudici della Corte di appello, i quattro imputati, rumeni di origine ma da sempre residenti nell’Agrigentino, accusati di avere brutalmente picchiato con una spranga un connazionale dopo averlo costretto a seguirlo in un casolare isolato, sono innocenti. In primo grado, il 30 aprile dell'anno scorso, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, li aveva condannati per l'accusa di rapina e violenza privata, escludendo l'ipotesi più grave, quella di tentato omicidio, che era stata riqualificata in lesioni aggravate. 

Si tratta di Joan Mindirigiu, 40 anni, residente a Ravanusa; Gheorghe Bodgan Tanase, 22 anni di Licata; Alin Dragos Rauta, 31 anni, di Grotte; e Iosif Dobrea, 39 anni, anche lui di Grotte. Sei anni e mezzo di reclusione erano stati inflitti a Mindirigiu e Dobrea. Tre anni e mezzo a Tanase e Rauta. I giudici della seconda sezione della Corte di appello di Palermo, adesso, accogliendo il ricorso degli avvocati Angela Porcello, Francesco Di Giovanna e Luigia Di Fede, li hanno assolti ritenendo che non fossero loro gli autori della brutale aggressione.

All’origine della violenta spedizione punitiva, avvenuta a Licata il 17 dicembre del 2016, secondo l'impostazione accusatoria iniziale, che non ha retto al vaglio del processo di appello, ci sarebbe una precedente aggressione ai danni del fratello di Mindirigiu di cui il connazionale era sospettato esserne l’autore. L’uomo, quindi, per vendetta, sarebbe stato bloccato dai quattro imputati alle prime luci del giorno in corso Serrovira: Mindirigiu - sempre secondo la ricostruzione iniziale - gli avrebbe coperto il volto con una coperta e gli altri tre lo avrebbero strattonato per costringerlo – da lì l’accusa di violenza privata – a seguirlo all’interno dello scalo ferroviario, luogo lontano da occhi indiscreti. Lì, in effetti, fu massacrato a sprangate alla testa e al viso. 

L’accusa di rapina scaturisce dal fatto che gli avrebbero sottratto il portafogli con all’interno 1.500 euro in banconote da 50 e 100 euro oltre al telefono cellulare che teneva con sè. Agli imputati, che per questi fatti sono rimasti in carcere per quasi un anno e mezzo, si è arrivati grazie alle dichiarazioni della vittima. 

La difesa degli imputati ha sostenuto che "la ricostruzione della vittima era inverosimile e non era arrivato nessun riscontro alle accuse, compreso il fatto che non è stata mai trovata la refurtiva". 

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