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I figli dei mafiosi sono dei predestinati? Il procuratore aggiunto Vella: "E' solo una questione di scelte"

All'ex collegio dei Filippini è stato presentato il libro "Figli dei boss" del giornalista Dario Cirrincione

Ha viaggiato in lungo e in largo per lo stivale alla ricerca di storie da raccontare, ci ha impiegato due anni e ha percorso migliaia di chilometri. Protagonista è il giornalista Dario Cirrincione che nel volume “Figli dei Boss - Vite in cerca di verità e riscatto” racconta le storie di persone dal cognome "pesante". 

"Figli dei boss": si presenta il libro di Cirrincione

Tra le pagine, anche la storia di Vita Maria Atria nipote di don Vito che è stato un esponente di spicco della famiglia Accardo (detti "Cannata") di Partanna, nata dall’unione tra Nicola Atria, assassinato a Montevago nel 1991, e Piera Aiello, quest’ultima, prima donna testimone di giustizia e attualmente parlamentare. 

L'omicidio di Montevago e il racconto di Vita Maria Atria: ecco "Figli dei boss"

Storie di riscatto sociale quelle raccolte e raccontate - con estremo rigore - da Cirrincione, storie di persone che comunque non hanno mai rinnegato le famiglie di origine. Nella città dei Templi, il volume è stato presentato all’ex collegio dei Filippini, alla presenza di tanti studenti e delle autorità: prefetto Dario Caputo, questore Rosa Maria Iraci e comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Giovanni Pellegrino, in testa. A fare gli onori di casa, il sindaco Lillo Firetto. A relazionare, raccontando episodi specifici e analizzando le prospettive dei figli dei boss, il procuratore aggiunto Salvatore Vella, che ha avuto un passato anche alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, e il responsabile della sezione Dia di Agrigento: il vice questore Roberto Cilona.  

I figli dei mafiosi sono dei predestinati? Faranno la stessa, identica, fine dei loro padri? Per il procuratore aggiunto Salvatore Vella "è soltanto una questione di scelte, non c'è nessun destino ineluttabile. Nascere figli di un boss non è una colpa". "Se oggi l'ambito identitario delle mafie è ancora forte, lo è perché c'è una narrazione che fa leva sul mito - ha spiegato il vice questore Cilona - . Paradossalmente, oggi che questa comunità criminale ha ambiti militari di scarso valore, ambiti economici non fortissimi ha un ambito identitario basato sulla tradizione: nessuno degli intervistati nega l'amore per il padre". 
 

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