Dalla “torre che parla” all’anima inquieta di Costanza Chiaramonte: un insolito viaggio tra i misteri del territorio
Tutto è raccontato attraverso i brevi racconti del brivido tratti dal volume "Sicilia dei misteri e delle leggende" di Beniamino Biondi
Verità o fantasia? Racconti popolari poi trasformati in leggende metropolitane. Come sappiamo la nostra è un’isola dei misteri e ogni città di questa meravigliosa terra ha i suoi, alcuni silenziosi altri ormai ampiamente noti. Dopo “L’isola spettrale. Guida immaginifica ai fantasmi di Sicilia” dello scrittore, poeta e critico cinematografico agrigentino Beniamino Biondi il nostro viaggio tra i misteri di Agrigento continua facendo riferimento al volume " Sicilia dei misteri e delle leggende" Dario Flaccovio Editore, sempre di Beniamino Biondi, incentrato su brevi storie del mistero ambientati in Sicilia.
Si parte da uno degli enigmi di fete mai risolti e di cui già abbiamo trattato, ovvero La Lettera del Diavolo legata al Monastero di Palma di Montechiaro, che ha da sempre stuzzicato la fantasia di numerosi scrittori tra cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Si tratta di una lettera scritta per mano del diavolo dalla sua antenata Maria Crocifissa nome di battesimo Isabella Tomasi. “Ohimè”, è l’unica parola comprensibile di tutto il documento. Altro luogo misterioso che sembra quasi sospeso nel tempo è la Rupe Atenea. Prima di raggiungere questa lungo il cammino ci si imbatte in una chiesa sconsacrata del ‘500, Chiesa del Cristo delle Forche, area usata come fossa comune ai tempi del colera e in seguito durante la guerra come area per la fucilazione di massa. Abbandonata questa parte si arriva alla Rupe dove forse un tempo si praticavano sacrifici umani e dove è stata rinvenuta una tunica nera con cappuccio. Un luogo tutto da scoprire tra strutture dalla funzione ancora da chiarire e strutture inghiottite dal tempo, poi ci si può avventurare fino alla cima oppure percorrere la strada che porta a Villa Salemi, abitazione abbandonata che mette paura.
Che dire poi del tempio della Concordia, sempre citato nel libro? Qui esiste un eco che proviene da un collina di fronte al tempio dove c’è la casina Giudice, ossia quella che viene chiamata la torre che parla. Stando ad alcune ricerche in quella zona si trovava un’antica necropoli romana. Altra ipotesi è l’esistenza nel periodo borbonico di una torre in cui i prigionieri venivano torturati. E mentre la storia incontra la fantasia nel testo non si può non fare riferimento al Museo ex convento di Santo Spirito, dove vagherebbe ancora l’anima di Costanza Chiaramonte. Questa in vita sposò Francesco I Ventimiglia ma non riuscirono ad avere figli e il marito la accusò di sterilità ripudiandola, lei si rinchiuse nelle sue stanze e dopo il trasferimento nel Monastero di Santo Spirito impazzì i autoinfliggendosi ustioni fino alla morte.