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Caso Gianbecchina, Biondi attacca Carlisi: "Nessuna responsabilità della giunta Firetto"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di AgrigentoNotizie

Sento il dovere di intervenire, in qualità di cittadino ed anche per la mia esperienza come amministratore nella Giunta Firetto, su una vicenda che sta degenerando assumendo toni grotteschi ed eccessi di opinione che deviano dalla conoscenza dei fatti e distolgono da un elementare principio di verità. Mi riferisco al prelievo delle opere del Maestro Gianbecchina dalla sala a lui dedicata nel Museo dei Filippini, che ha acceso polemiche e varie forme di coinvolgimento. Giusto che ciò sia accaduto, perché la sottrazione di queste opere spoglia un segmento importante del pure altrove ricchissimo patrimonio museale della città, ed è bene che i cittadini siano intervenuti manifestando un sentimento di dispiacere che per buona parte si è dato un freno al tentativo di qualche facile speculazione. Con toni più accesi e una marcata volontà accusatoria, sulla vicenda è intervenuta anche la consigliera Marcella Carlisi con una nota stampa che se fosse soltanto ingenerosa nei confronti dell’Amministrazione Comunale sarebbe perdonabile, in campagna elettorale, e invece è deliberatamente tendenziosa, cioè dichiaratamente strumentale, e non vera. La ricostruzione dei fatti è abbastanza semplice. Nel 2009 l’Amministrazione comunale, con il sostegno di alcuni privati, riaprì il vecchio collegio dei Padri Filippini ospitando alcune collezioni del Museo di Santo Spirito. A seguito dell’inaugurazione del nuovo spazio espositivo, una sala è stata destinata ad opere specificatamente ricevute – cioè che in precedenza non si trovavano a Santo Spirito – per una collocazione in una delle sale del nuovo Museo, arricchito di valore insieme a tutte le altre tele che lo compongono.

Un ex assessore di quella stagione amministrativa ha riferito di una generica volontà degli eredi a donare le opere alla Città, senza che nel tempo immediatamente successivo questo atto di volontà si sia esplicitato in un atto scritto che l’Amministrazione avrebbe poi dovuto accogliere e ratificare. Insomma, l’atto di volontà non è andato oltre una semplice affermazione labiale, afferibile alle cosiddette pie intenzioni, e le tele di Gianbecchina sono rimaste nella piena disponibilità della famiglia – legittima proprietaria – pure se esposte tra le pareti del Museo dei Filippini. Il negozio giuridico della donazione deve prevedere due parti, il donante e il donatario, con la manifestazione di volontà del donante di arricchire l’altra parte senza corrispettivo, e dall’altro lato la volontà del donatario di accettare l’arricchimento. Ora, ed è un fatto e non una semplice opinione, non esiste alcun atto da cui si evinca la volontà di un donante, che evidentemente non ha dato alcun seguito a quanto verbalmente riferito, per cui non può rilevarsi un difetto da parte di chi non ha materialmente potuto accettare una donazione mancandone il presupposto dell’atto di volontà. Che questa volontà non ci sia stata, risulta di più evidente dalla circostanza per la quale la famiglia, avendone pieno titolo, nel 2011 prelevò dalla sala alcune opere con la riserva di ritirare nel tempo anche le altre. Le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno semplicemente custodito le opere per il tempo che gli è stato possibile, e hanno fatto benissimo così.

Oggi quella riserva è stata fatta valere e le opere sono state prelevate, ma non senza diritto e soprattutto non per le ragioni che espone la consigliera Marcella Carlisi che addebita alla Giunta attuale vicende che si sono consumate negli anni tra il 2009 e il 2011, rimproverando – sono sue parole – “le dimenticanze degli uffici comunali anche il perfezionamento dell’acquisizione dei quadri di Gianbecchina”.

Un addebito che non soltanto è impossibile muovere all’Amministrazione attuale ma anche alle due precedenti, alle quali al massimo ci si dovrebbe comunque riferire, in quanto nessun ufficio avrebbe mai potuto perfezionare un’acquisizione di opere in mancanza di un preciso atto di volontà del donante, assente in modo inequivocabile almeno dal 2011, e per 9 anni Agrigento ha avuto la fortuna di ospitare queste opere in un bellissimo museo di cui mi sono a lungo occupato, in qualità di Assessore e con gli assolutamente esigui fondi a disposizione, dacché proprio negli anni della mia presenza mi sono con ogni forza impegnato per la revisione del sistema d’allarme delle sale e per la sistemazione dell’impianto di condizionamento (mancante) che oggi garantisce le temperature adeguate per la migliore conservazione delle tele. Per rimediare al malumore funzionale di qualcuno su questa vicenda, si dovrebbe piuttosto riflettere sulla notizia del progetto definitivo del Museo della Città, annunciato dal sindaco Firetto, che prevederà la rifunzionalizzazione degli spazi interni e esterni del Collegio dei Filippini, dando una nuova impronta ai contenuti culturali e ai percorsi artistici dentro una rete cui presto si aggiungerà la riapertura del Museo Civico in piazza Pirandello, con il suo prestigio storico e l’autorevolezza delle collezioni che vi saranno finalmente ricollocate ed esposte.

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