Al teatro della Posta Vecchia: "Il mostro"
Dopo il successo di pubblico e critica ottenuto a marzo, “IL MOSTRO” replica il 05 ed il 06 maggio ancora al Teatro della Posta Vecchia di Salita Giambertoni n.13, in Agrigento.
La pièce teatrale, con la regia di Salvatore Di Salvo, è portata in scena dal “TeatrAnimaLab”, il laboratorio di recitazione, dizione ed espressione corporea dell’Associazione Culturale TeatrAnima di Agrigento, ed è inspirata da “Ferite a morte” di Serena Dandini, saggio pubblicato da Rizzoli nel 2013.
Da un ipotetico aldilà, otto attrici, otto donne, racconteranno il proprio assassinio per mano di un uomo: “Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo accorti! Era lì che fumava e non ce ne siamo accorti! Guardava la partita e non ce ne siamo accorti! Ma proprio nessuno se n’era accorto!”
Lo specchiarsi dei racconti, determinerà nelle protagoniste la presa di coscienza delle proprie fragilità, delle proprie insicurezze e dell’unico loro errore, cioè l’aver sottovalutato segnali inequivocabili provenienti da un amore malato, quell’amore che prima le ha sedotte, poi imprigionate ed infine uccise.
Ma tra le pieghe dei racconti, un’altra vicenda si svolgerà nella realtà teatrale: quella di un’altra giovane donna, vittima anche lei di un amore violento...”
In scena Ida Agnello, Rita Balistreri, Giulia Castro, Antonella Danile, Alessia Di Santo, Zaira Picone, Consilia Quaranta, Giusi Urso ed ancora Claudia Frenda, Federica Piazza, Giacomo Tortorici ed i ballerini di tango Giusy Tortorici e Giuseppe Caldarera.
Sostenitori dell’iniziativa le associazioni culturali del territorio: Amnesty Internazional, Associazione Luce ONLUS, Associazione Culturale Koiné, Associazione Kore ONLUS, Associazione Spazio Reverie, Centro “ad majora”, Centro Antiviolenza e Antistalking “Telefono Aiuto”, Centro Italiano Femminile, Ciak Donna, FIDAPA, Rotary International, Soroptimist International.
Introduce la pièce la Dr.ssa Paola Caruso, psicoterapeuta.
Ingresso 7,00 € - Info e prenotazioni 0922 26737
Da “Ferite a Morte” di Serena Dandini – Rizzoli , Milano, 2013
(…) Tutto nasce dal desiderio di raccontare in un modo diverso le esistenze delle donne vittime di femminicidio: (…) molti storcono il naso davanti a questo termine (…) come se il fenomeno fosse un’invenzione post-femminista di qualche reduce nostalgica sempre in vena di vittimismo: «Dai muoiono tutti, uomini e donne, dov’è la differenza?». Purtroppo è nei numeri e nella tipologia dei delitti che parlano chiaro e azzerano ogni polemica. Mi sono chiesta: «E se le vittime potessero parlare?» A questo azzardo è ispirata la scrittura di Ferite a morte, monologhi che nascono dalla voce diretta delle vittime, donne assassinate proprio in quanto donne, per mano di uomini, dei loro uomini. Ho letto decine di storie vere (…) Sono mogli, ex mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex fidanzate che non sono state ai patti, che sono uscite dal solco delle regole assegnate dalla società e questa disubbidienza è stata fatale (…) Sono morti annunciate, che tutto il vicinato aveva previsto ma nessuno ha mosso un dito perché ognuno a casa sua fa come gli pare; sono casi giudiziari che vengono liquidati come inevitabili conseguenze di un «improvviso raptus di follia» e invece sono la coerente conclusione di violenze durate a volte un’intera vita; sono sentenze eseguite davanti agli occhi di una società incapace di riconoscere questo dramma antico, una platea che ha perso la forza di indignarsi quando le storie con le protagoniste più giovani e piacenti sono trasformate in telenovelas nei programmi di «approfondimento giornalistico» (…) Volevo che queste donne fossero libere, almeno da morte, di raccontare la loro versione dei fatti, nel tentativo di ridare luce e colore ai loro opachi fantasmi (...) Ferite a morte vuole dare voce a chi ha parlato poco o è stata poco ascoltata nella sua vita, con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi denunciando i suoi persecutori (…) La maggior parte delle vittime non ce la fa a denunciare per paura, per le possibili ripercussioni, per vergogna, perché non sa dove andare e come sostenersi, per non ammettere il fallimento del proprio matrimonio, per preservare i figli che invece non solo sanno e vedono sempre tutto, ma, se non sono allontanati da un contesto violento, tendono a ripercorrere le stesse strade in una reazione a catena senza fine (…) Nel contesto di una società patriarcale dove la violenza domestica non è sempre percepita come un crimine, dove le vittime in gran parte dipendono economicamente dagli autori della violenza e dove persiste la percezione che le risposte dello Stato non saranno appropriate o utili, la maggior parte di questi episodi di violenza non viene denunciata (…) Ma se le donne sono vittime predestinate, gli uomini non vanno abbandonati a una cultura che li vuole dominatori, violenti, ossessionati dal possesso. Anzi, andrebbero aiutati a trovare altre strade per gestire la loro rabbia e il loro dolore. Siamo tutti figli di un analfabetismo sentimentale che considera la prevaricazione e la violenza come aspetti possibili della relazione tra un uomo e una donna, un dato di fatto che vede i maschi e le femmine imprigionati in questi ruoli rigidi, legittimati da una società patriarcale (…) Sempre più spesso i delitti avvengono per l’incapacità di elaborare il lutto di una separazione, per la difficoltà di trasformare in dialogo la frustrazione di un fallimento. Le donne hanno imparato a lottare per la loro autonomia economica, cominciano a trovare il coraggio per inventarsi una vita diversa, anche a costo di stare da sole con i figli; gli uomini invece non ce la fanno a lasciarle andare, non reggono l’abbandono che è vissuto come un affronto atavico che colpisce e annienta orgoglio e amor proprio (…)in Italia le leggi per proteggere le vittime della violenza ci sono, ma non vengono sempre applicate in modo efficace (…) Se pensiamo che in Italia il delitto d’onore è stato abolito solo nel 1981 e da allora molto poco è stato fatto e quel poco male applicato, ecco che questa situazione non ci stupisce più di tanto (…) Finché il tema non sarà al primo posto della famosa agenda di qualsiasi nuovo governo, le donne non si fermeranno e si faranno sentire con ogni mezzo. Mi auguro che anche Ferite a morte diventi uno di questi (…).
L’Associazione Culturale TeatrAnima, si è costituita ad Agrigento nel maggio del 2015 ed ha già prodotto e portato in scena dal 2015 ad oggi vari spettacoli “multidisciplinari” (teatro, canto, danza, arti visive) con notevole successo di critica e pubblico:
- Questo folle sentimento che!
- Ce n’è troppo di Natale!
- “Miti ed eroi, amuri canti e spiranza nel Giardino delle Esperidi” - Performance sui miti greci ed il patrimonio agro alimentare del Mediterraneo (il grano, l’ulivo, il mandorlo, gli agrumi, il melograno e l’alloro) traendo fonte letteraria da Esiodo, Omero, Sofocle, Diodoro Siculo, Cicerone, Ovidio, Claudiano, e Apollodoro;
- “Sei autori in cerca del Natale” - Performance multidisciplinare basata su racconti e componimenti poetici di sei autori agrigentini;
A fine settembre del 2017, l’Associazione Culturale TeatrAnima ha indetto “TeatrAnimainversi” concorso di poesia rivolto a giovani poeti (dai 16 ai 30 anni) la cui cerimonia di premiazione dei finalisti e vincitori, si è svolta il 28 dicembre 2017 presso il Foyer Pippo Montalbano del Teatro Pirandello.