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Economia

Reddito di cittadinanza, i commercialisti: "Può disincentivare l'offerta di lavoro"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di AgrigentoNotizie

“Temiamo che il reddito di cittadinanza possa disincentivare l’offerta di lavoro. In via di principio, la scelta politica orientata all’aiuto dei cittadini che ricadono incolpevolmente in uno stato di bisogno e sono a rischio di esclusione dal mercato del lavoro non è criticabile, ma al contempo non possono essere, con senso di responsabilità, sottaciute le nostre preoccupazioni in ordine agli effetti collaterali generati dall’attuazione delle misure annunciate.”. E’ quanto affermato da Roberto Cunsolo, tesoriere e delegato alle tematiche del lavoro del Consiglio nazionale dei commercialisti nel corso di un convegno nazionale della categoria, svoltosi ieri e oggi ad Agrigento. “Gli operatori del mercato e le categorie professionali”, ha detto Cunsolo, “hanno bisogno di risposte politiche volte a recuperare il senso pieno della cittadinanza andando oltre logiche potenzialmente assistenzialistiche”.

“Condividiamo”, ha affermato Cunsolo, “le preoccupazioni di molti attori del mercato del lavoro, associazioni datoriali in testa, che riguardano principalmente la possibilità che il reddito di cittadinanza possa disincentivare l’offerta di lavoro, di chi non lavora, perché ne accresce il reddito nello stato di non-occupazione, dei lavoratori a basso reddito beneficiari del reddito di cittadinanza, ad esempio i part-time o i temporanei, per i quali sussisterebbe un “effetto sostituzione” dovuto sia alla riduzione del beneficio per ciascun euro in più di reddito da lavoro sia a un’eventuale diversa tassazione di quest’ultimo rispetto al beneficio stesso. Senza dimenticare quei lavoratori che, in base al reddito da lavoro, non risulterebbero beneficiari del reddito di cittadinanza, ma che potrebbero accedervi riducendo la quantità di ore lavorate.”

“E’ nostro dovere essere realisti”, ha proseguito Cunsolo, “e non sottovalutare il contesto sociale nel quale questo tipo di misure sono introdotte. Gli ultimi dati sull’economia sommersa diffusi dall’ISTAT stimano il lavoro irregolare in Italia al 4,7% del PIL, con un tasso di lavoro irregolare medio che si attesta al 13,3%. Secondo il rapporto annuale dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, in occasione dello svolgimento dei controlli mirati al contrasto del fenomeno del lavoro sommerso nel corso del 2017, i lavoratori in nero complessivamente accertati sono stati 48.073 a fronte di 160.347 aziende ispezionate, ovvero un lavoratore in nero per ogni tre aziende ispezionate. I contributi complessivamente recuperati dall’Ispettorato nazionale del lavoro ammontano a oltre un miliardo di euro e per l’esattezza ad € 1.100.099.932”. “In questo contesto”, ha proseguito Cunsolo, “ci sono concreti rischi di indebita percezione del reddito di cittadinanza. Il Governo ha annunciato l’irrigidimento del regime di condizionalità ed il potenziamento dei servizi per l’impiego, ma in tal senso le rassicurazioni non sembrano sufficienti, se si pensa che nei 501 centri per l’impiego diffusi in ambito regionale sono occupati complessivamente 7.934 dipendenti, di cui solo in Sicilia 1.737, ben al di sotto delle media degli stati europei che si distinguono per servizi pubblici all’impiego efficienti”.

Cunsolo ha infine sottolineato i rischi applicativi del reddito di cittadinanza per i lavoratori impiegati nei settori merceologici non coperti dalla contrattazione collettiva o per quelli impiegati in aziende che non applicano alcun contratto collettivo di lavoro. “Anche in questo caso”, ha concluso, “non è difficile prevedere l’adozione di comportamenti utilitaristici che finiscano con lo scaricare il costo del lavoro sulla collettività”.

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