rotate-mobile
Martedì, 23 Aprile 2024
Economia

Pensioni: il grande rischio di Quota 41 e chi potrà lasciare il lavoro

Quota 41, Quota 102, Quota 92, la doppia Quota "di Tridico". Siamo ancora lontani dalle certezze e come preventivato da esperti e osservatori, solo in autunno sapremo cosa succederà dal 1 gennaio 2022 sul fronte pensioni. Ma si parla insistentemente della possibilità di andare in pensione con quattro decenni più un anno di contributi: tutto però dipenderebbe da come verrebbe calcolato a quel punto l'assegno

Sul tavolo del confronto tra governo, Inps e sindacati ci sono ancora tutte le opzioni di cui abbiamo tanto parlato in questi mesi. Quota 41, Quota 102, Quota 92, la doppia Quota "di Tridico". Siamo ancora lontani dalle certezze e come preventivato da esperti e osservatori, solo in autunno sapremo cosa succederà dal 1 gennaio 2022 sul fronte pensioni. Ci sono però tanti segnali che indicano in Quota 41 lo scenario che può mettere d'accordo tutti quanti. Dopo mesi di ipotesi e indiscrezioni  vediamo quale può essere un cronoprogramma credibile.

Pensioni: lo sprint di Quota 41 

Parte a breve il "confronto con le parti sociali, con gli altri ministeri interessati e in sede collegiale di Governo, al fine di individuare i percorsi più adeguati e con principi di condivisione per intervenire sul sistema pensionistico" di cui ha parlato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, rispondendo ad una interrogazione, durante il question time alla Camera, sulle iniziative che intende mettere in campo il governo allo scadere di 'Quota 100'. "Ci sono quindi le condizioni per aprire un confronto sul tema della previdenza. Credo che le proposte di intervento che saranno prossimamente individuate e condivise non possano essere più di carattere sperimentale e transitorio, ma dovranno essere orientate, in termini di sostenibilità ed equità e di una prospettiva di lungo periodo. Dovranno avere carattere strutturale". Parole che fanno capire come il traguardo sia lontanissimo. 

La questione delle pensioni è annosa soprattutto per le giovani generazioni sottoposte al sistema contributivo, laddove i contributi spesso non sono versati in maniera regolare a causa dei cambi di impiego. La prospettive più vicina a diventare concreta è quella che prevede di estendere Opzione Donna (che permette l'addio al lavoro con almeno 58 anni di età e 35 anni di contributi) e un'Ape sociale rinforzata. Infatti su Opzione Donna e Ape sociale non sembrano esserci ostacoli di sorta. 

Lo scivolo di 5 anni per dipendenti pubblici e privati

C’è sul piatto anche la proposta avanzata dal Ministro Brunetta che riguarda fondamentalmente i dipendenti della pubblica amministrazione, lo scivolo di 5 anni. Si tratterebbe di permettere ai dipendenti pubblici di accedere alla pensione a 62 anni con possibili penalizzazione sull’assegno (calcolo interamente contributivo?) che dovrebbe in qualche modo andare a ricalcare l’isopensione, oggi consentita ai soli dipendenti del settore privato, essendo l’anticipo interamente a carico del datore di lavoro. Inserendo le penalizzazioni, in ogni caso, si pensa che a pagare l’anticipo potrebbe essere il dipendente stesso ed in questo modo non ricadrebbero sulle casse dello Stato.

Va poi considerato il potenziamento del contratto di espansione che, di fatto, consentirebbe di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima (60 mesi) rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia o anticipata. Già introdotto dal Decreto Crescita nel 2019 ma solo per aziende di grandi dimensioni (oltre 1.000 lavoratori, e con un anticipo di soli due anni), l’ultima manovra ne ha ampliato la platea coinvolgendo anche le medie imprese (organico di almeno 250 lavoratori). Ora con il Decreto Sostegni bis arrivea un ulteriore step abbassando la soglia per l’accesso ai contratti di espansione a 100 dipendenti e ampliando ancora la platea di possibili beneficiari di circa 15 mila aziende e circa 27 mila dipendenti nel 2021 (altrettanti nel 2022). Il contratto di espansione dà la possibilità di ridurre l’orario di lavoro, opzione della quale potranno beneficiare i dipendenti privi dei requisiti per  accedere allo scivolo: per loro una speciale cassa integrazione a costo zero per l’azienda con riduzione massima dell’orario pari al 30%. Secondo i sindacati la proposta è eccessivamente costosa. Staremo a vedere.

"Il Dl Sostegni bis va nella direzione giusta e da noi auspicata perchè contiene misure specifiche per il lavoro, dal contratto di ricollocazione, a quelli di solidarietà e di espansione. Si tratta di un intervento strutturale, di dimensioni e qualità eccezionali per far fronte all'emergenza e preparare una solida ripartenza"  dichiara Romina Mura (Pd), presidente della Commissione Lavoro della Camera. "Nel decreto - conclude Mura - entrano misure specifiche per i settori del commercio e del turismo, e va evidenziato il contratto di espansione per imprese fino a 100 dipendenti. Uno strumento nato per le grandi imprese che volevano avviare processi di reindustrializzazione e di riorganizzazione per andare nella direzione dello sviluppo tecnologico". Il contratto di espansione: consente di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima (60 mesi) rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia ma anche anticipata. Serve un accordo da siglare presso il Ministero del Lavoro tra azienda e sindacati, che deve contenere anche un certo numero di nuove assunzioni e deve essere finalizzato alla reindustrializzazione e riorganizzazione in ottica di sviluppo tecnologico dell’attività. L’obiettivo è quello di favorire la ristrutturazione delle imprese in crisi e il ricambio generazionale.

Pensioni: il vero problema è lo scalone 

Quota 100 è stata utilizzata meno del previsto, ma comunque ha messo una pezza a un sistema traballante. Infatti consente di anticipare la pensione a 62 anni di età con 38 di contributi fino al 31 dicembre 2021, dal primo gennaio si tornerebbe alle regole di prima e quindi allo "scalone" di cinque anni di età. Di colpo il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età. Lo scalone è un problema vero, da affrontare quanto prima. Facciamo un esempio lampante. Alla fine del 2021, senza un’eventuale armonizzazione, per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque anni dei requisiti di pensionamento. Troppi. Il classico esempio è il seguente: Mario e Andrea hanno lavorato 38 anni nella stessa azienda solo che il primo è nato nel dicembre del 1959 e il secondo nel gennaio del 1960. Mario andrà in pensione (se lo vorrà) a 62 anni, mentre Andrea dovrà optare tra un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026 o il pensionamento di vecchiaia con 67 anni e nove mesi, addirittura nel 2029. Insomma, non va. Uno scalone del genere andrebbe persino oltre quello della vecchia riforma Maroni (legge 243/2004), quando fu introdotta una differenza di tre anni lavorativi tra chi avrebbe maturato il diritto alla pensione il 31 dicembre del 2007 e chi lo avrebbe fatto il primo gennaio del 2008. All'epoca per evitare che a circa 130mila lavoratori venisse impedito di andare in pensione subito si fece la riforma Damiano, con un aumento della spesa pensionistica spaventosa e di cui paghiamo il prezzo ancora oggi.

Quota 41 ha molti pro e pochi contro: è di gran lunga l’ipotesi più apprezzata dalle parti sociali, e in pratica prevederebbe la possibilità di pensionamento una volta raggiunti i 41 anni di contributi, per tutti i tipi di lavori. Piace poco ai lavoratori l'idea (che al momento resta tale, con qualsiasi "Quota") di un ricalcolo basato sulla proporzione tra coefficiente della pensione a 67 anni e coefficiente di uscita a 63 o 64 anni. Con coinvolgimento degli anni di versamento contributivo precedenti al 1996 e alla Riforma Dini. Cosa che avrebbe importanti benefici sulle casse Inps, e pochi invece per chi dopo aver lavorato tanti anni avrebbe diritto a godersi la pensione per cui ha versato per decenni i contributi. Semplificare la matassa pensioni è difficile, e proprio in un'ottica di semplificazione si torna spesso anche in questi giorni a parlare di Quota 41.

Quota 41 per tutti è un'opzione possibile

"Bene la proposta della piattaforma sindacale per quota 41 per non tornare alla legge Fornero" ha ribadito da tempo il Sottosegretario all’Economia, Claudio Durigon (Lega). "Anche noi pensavamo a Quota 41, non posso che essere d’accordo con la proposta dei sindacati per non tornare alla legge Fornero" sottolinea il sottosegretario leghista, spiegando che "Quota 100 nasceva come una norma per la flessibilità in uscita che ha bloccato l’aspettativa di vita prevista dalla legge Fornero". Adesso "aspettiamo il tavolo convocato dal ministro del Lavoro Orlando e le proposte che arriveranno", afferma Durigon. "Se vogliamo uscire dalla crisi innescata dal Covid serve una riforma strutturale con una visione pensionistica. La crisi - conclude - farà parecchi licenziamenti quindi saranno necessari strumenti di flessibilità in uscita".

La Quota 41 permetterebbe di andare in pensione anticipata con 41 anni di contributi senza un requisito anagrafico. Ma andrebbe accompagnata da strumenti che consentano una certa flessibilità. Occhio però: Quota 41 esiste già. Dopo anni di discussione e lotte sindacali per re-introdurre un tetto massimo contributivo di 41 anni per uomini e donne, ovvero la cosiddetta Quota 41, l’articolo 1 co. 199 della Legge di Bilancio 2017 ha dato il via libera per questo tipo di intervento che concede particolari agevolazioni in termini di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro almeno in favore di categorie di lavoratori che abbiano condizioni lavorative ed economiche particolarmente disagiate. Il pianp sarebbe quello di allargare la platea. I sindacali hanno chiarito più volte in questi mesi che quando un lavoratore arriva a 41 anni di contributi, a prescindere dall'età, deve avere la possibilità di andare in pensione. 

Ma i soldi oer fare una riforma del genere oggi non ci sono: "Se pagassimo subito tutta la pensione, indipendentemente dai contributi, a 62-63 anni, verrebbe meno la sostenibilità finanziaria - ha detto in passato il presidente dell'Inps Tridico - Il sistema previdenziale italiano è stato scolpito da due grandi riforme: la Dini del '95 e la Fornero nel 2011. È quello il nostro impianto ed è proprio qui dentro che dobbiamo incrementare i livelli di flessibilità, tenendo presente che abbiamo bisogno di equità e sostenibilità".

Quota 102 o Quota 41?

Sul tavolo c'è sempre anche Quota 102, cioé la possibilità di andare in pensione con 64 anni di età e 38 anni di contributi, un aggravamento di 2 anni rispetto ai criteri di Quota 100 ma con poca flessibilità per chi vorrebbe andare in pensione prima dei 67 anni. La maggior parte dei consensi, però, va nella direzione di una Quota 41 per tutti. Anche la Uil di recente è tornata a spingere per una uscita anticipata con Quota 41 indipendentemente dall’età anagrafica. 

A differenza di Quota 102 con Quota 41 non ci sarebbe un limite di età: la misura per adesso come detto riguarda solo alcune categorie di lavoratori precoci, ossia coloro che entro il compimento dei 19 anni di età hanno maturato almeno 12 mesi di contribuzione. Un suo allargamento è uno scenario percorribile. la misura verrebbe estesa non solo a tutti i precoci, ma alla totalità dei lavoratori, che potrebbero andare in pensione fino a un anno prima rispetto all’attuale requisito per la pensione anticipata: 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne (requisiti che resteranno in vigore fino al 2026 per via del congelamento degli adeguamenti alle aspettative di vita). Tutto però dipenderebbe da come verrebbe calcolato a quel punto l'assegno. Non un dettaglio di poco conto. Se fosse nell’ordine del 10% difficile pensare che sarebbe particolarmente ambita. Il rischio è che Quota 41 divenga persino meno ambito che Quota 100, e che non incida come qualcuno ipotizza oggi. Un rischio non da poco e da evitare a tutti i costi.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Pensioni: il grande rischio di Quota 41 e chi potrà lasciare il lavoro

AgrigentoNotizie è in caricamento