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Cronaca

Trent'anni dall'omicidio Tragna, eroe civile dimenticato dalle istituzioni

Il direttore dell’Agenzia 2 della Banca Popolare Sant’Angelo di Agrigento venne ucciso in via Gela, all’età di 49 anni

Ricorrono oggi i 30 anni dal 18 luglio 1990 quando, nel corso di un agguato di matrice mafiosa, venne ucciso in via Gela, all’età di 49 anni, Giuseppe Tragna, direttore dell’Agenzia 2 della Banca Popolare Sant’Angelo di Agrigento.

Un uomo corretto, un eroe civile, la cui memoria è stata per anni vilipesa e infamata e la cui morte, ancora oggi, non viene in alcun modo ricordata dalle istituzioni, le stesse che, in realtà, attualmente continuano a negare persino il diritto alla famiglia di richiedere i benefici previsti per i familiari di vittime di mafia, nonostante le sentenze.

Se sulle cause di quell’agguato sono stati i tre gradi della Giustizia Penale a fare piena chiarezza, la famiglia ha avuto bisogno di rivolgersi anche al Tribunale amministrativo regionale quando la Prefettura di Agrigento prima e il Ministero dell’Interno poi opposero il proprio diniego alla richiesta della famiglia di ottenere il riconoscimento dello stato di parenti di vittima di mafia. Dopo 10 anni sarà il Tar a ristabilire la verità un paio di anni fa, imponendo al Ministero di consentire ai Tragna di accedere alle procedure per il riconoscimento di familiari di vittime della mafia. Passati due anni dalla sentenza, però, non si è ancora mosso nulla, costringendo la famiglia adesso ad agire nuovamente per le vie legali: il loro avvocato difensore, Lucia Di Salvo, ha infatti presentato un giudizio di ottemperanza per dare esecuzione alla sentenza del Tar divenuta nel frattempo giudicato perché non impugnata.

Un dolore dentro un dolore, dover “combattere” nelle aule di Tribunale uno Stato che oggi continua a dimenticare la memoria di un professionista corretto, ucciso per aver fiutato prima di altri che alcuni assegni non erano regolari. Sul luogo in cui fu ucciso non è stata mai collocata una targa.

"Caro Papà – scrivono i figli Ilaria e Gero, da sempre estremamente riservati rispetto al dolore che li colpì da bambini - da quel tragico giorno, siamo dovuti crescere tutti molto in fretta. Siamo sempre andati avanti, da soli, con la forza ed il coraggio di figli e con il sostegno fondamentale di nostra madre. Abbiamo sostenuto molte dure lotte, sia private che legali, e, raggiunto i nostri traguardi sempre a te dedicati. Purtroppo, la vita non ci ha donato la possibilità di ringraziarti per gli insegnamenti che ci hai lasciato in eredità: ‘vivere la vita con dignità, coraggio, lealtà e con umiltà, ricordando sempre che tutti hanno diritto ad una considerazione umana, in quanto persone’. Eravamo poco più che bambini, certo, ma abbiamo fatto tesoro di queste tue parole e desideriamo dirti grazie per gli adulti che siamo diventati oggi: forti, coraggiosi, educati ed onesti, e, soprattutto, orgogliosi del cognome che portiamo”.

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