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Cronaca

"Abusò di una collega dopo una festa in piscina", condanna confermata per un medico

Regge in appello la sentenza emessa in primo grado con il rito abbreviato per Carmelo Sciabica, originario di Favara, che dovrà scontare tre anni e mezzo. La presunta violenza risale alla notte tra il 4 e il 5 agosto del 2019: l'uomo rimasto solo in macchina con la vittima avrebbe provato a baciarla e palpeggiarla

Dopo una serata trascorsa in una villa di Ciaculli, rimasto solo in macchina con una collega, avrebbe allungato le mani, provato a baciarla e palpeggiarla e si sarebbe fermato solo perché la donna avrebbe iniziato ad urlare. "Un momento di follia", aveva spiegato Carmelo Sciabica, medico di 33 anni, originario di Favara, che - come la presunta vittima - all'epoca dei fatti, nell'agosto del 2019, era iscritto alla scuola di specializzazione di Radiologia del Policlinico. La terza sezione della Corte d'Appello adesso ha integralmente confermato la condanna a tre anni e mezzo inflitta in primo grado, con l'abbreviato, dal gup Rosario Di Gioia a maggio dell'anno scorso.

Il collegio presieduto da Antonio Napoli ha anche confermato il risarcimento sia alla dottoressa che all'Ordine dei medici, che si sono costituiti parte civile.

La vicenda risale alla notte tra il 4 ed il 5 agosto del 2019 e l'inchiesta dei carabinieri che aveva portato agli arresti domiciliari Sciabica era stata coordinata dal procuratore aggiunto Annamaria Picozzi e dal sostituto Giorgia Righi. Tutto sarebbe iniziato nella villa con piscina, dove l'imputato avrebbe iniziato ad infastidire la collega proprio mentre erano in acqua. La donna sarebbe poi tornata a casa in macchina con un altro medico e Sciabica. Finché i due sarebbero rimasti soli.

L'imputato si sarebbe fermato nella zona di via Cavour e avrebbe provato ad abusare della collega, che avrebbe però iniziato ad urlare e sarebbe riuscita così a fermare l'imputato. La donna non ha mai accettato le scuse di Sciabica e neppure le sue proposte di risarcirla.

"L'Ordine dei medici è in campo da sempre contro la violenza sulle donne, sui medici e tutti gli altri professionisti della sanità per portare il suo contributo fin dove è consentito anche con iniziative pubbliche. Saremo sempre presenti, soprattutto quando gli aggressori sono medici. Essere parte civile per l'Ordine nei confronti di un medico è una condanna molto severa", così hanno commentato il presidente e il vicepresidente Toti Amato e Giovanni Merlino.

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