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Cronaca

"Millantavano di trovare un lavoro nella base Nato di Punta Bianca", chiesti 3 rinvii a giudizio

Sono circa 150 le persone che sarebbero state ingannate dalla presunta banda i cui componenti si spacciavano per un cardinale e sostenevano di avere potenti legami con il mondo militare

Avrebbero utilizzato un vero e proprio schema, quello del "marketing multilevel", per truffare almeno 150 persone, ingannate con la promessa di un posto di lavoro in una fantomatica nuova base militare da realizzarsi a Punta Bianca.

Qualche mese dopo la conclusione delle indagini, che hanno consentito di ricostruire una vicenda molto complessa e a tratti grottesca, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio ed è stata fissata l'udienza preliminare per i tre presunti componenti della banda che avrebbe operato, tra febbraio 2020 e agosto 2021, truffando oltre 150 pesone.

A monte di tutto, secondo gli inquirenti, vi sarebbe stato l'ideatore del sistema, Luciano Montemurro, 63 anni, di Favara, che nelle riunioni con i truffati si sarebbe presentato come "Cardinale vescovo di Monreale", una personalità di rilievo politico e sociale tale da poter, appunto, garantire assunzioni. Insieme a Montemurro avrebbero agito due fratelli canicattinesi: Angelo e Diego Favata, 58 e 50 anni.

Tutto sarebbe partito dalla denuncia di alcune vittime che si sono rivolte ai militari, raccontando quanto stava accadendo. Sono state le intercettazioni poi ad accertare come i tre "mediante artefizi quali il millantato patrocinio di vertici dello Stato e la sostituzione di persona, la disponibilità di progetti edilizi, contratti, documenti e timbri falsi" avrebbero promesso 150 posti di lavoro a persone tra le province di Agrigento, Caltanissetta e Palermo, in una immaginaria futura base militare da costruire a Punta Bianca. I truffati avrebbero versato somme a partire da 2500 euro per saltare l'esame di assunzione.

Alcuni di loro, proprio seguendo un sistema piramidale tipico delle truffe, sono stati a loro volta convinti a diventarea reclutatori di forza lavoro alla base. Il numero dei truffati, comunque, potrebbe essere molto più alto.

Per rendere più credibile il racconto, secondo l'ipotesi accusatoria, i tre si sarebbero dotati di mappe della base, plichi sigillati in ceralacca, contratti falsi e addirittura tesserini contraffatti. Tutto materiale sequestrato insieme a quello che appare come un "libro mastro" delle persone raggirate. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, gli indagati - sempre al fine di rendere il tutto più verosimile - hanno indicato come beneficiario delle somme richieste il generale di corpo d'armata Luciano Portolano, che era ovviamente ignaro di quanto stava avvenendo.

L'udienza preliminare, per discutere sullla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero Giulia Sbocchia, è in programma il 6 aprile davanti al gup Micaela Raimondo.

Gli imputati hanno nominato come difensori gli avvocati Paolo Ingrao, Calogero Meli e Angelo Nicotra. 

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