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Cronaca Aragona

La tragedia delle Maccalube, istruttoria chiusa: spazio alla requisitoria

Il giudice Giancarlo Caruso ha respinto la richiesta della difesa di nominare dei periti, martedì il pm Carlo Cinque illustrerà le conclusioni

Istruttoria chiusa: martedì mattina il pubblico ministero Carlo Cinque illustrerà la sua requisitoria e formulerà le richieste conclusive di condanna o assoluzione al processo per la tragedia delle Maccalube, la riserva naturale di Aragona dove il 27 settembre del 2014 morirono i fratellini Carmelo e Laura Mulone, 9 e 7 anni, travolti dal fango esploso dai vulcanelli durante una passeggiata col padre. 

Prima che venisse disposto il rinvio per le discussioni, l’avvocato Diego Galluzzo, componente del collegio di difesa, aveva chiesto di riaprire l’istruttoria sollecitando due nuovi adempimenti: un’ispezione sui luoghi e una perizia, vale a dire una relazione tecnica eseguita su incarico del giudice e non delle parti, per fare luce sulle cause dell’esplosione dei vulcanelli. “Le consulenze di difesa e procura – ha detto Galluzzo – non hanno dato certezze sulle cause della tragedia, una perizia potrebbe accertarlo in maniera decisiva”. Il giudice Giancarlo Caruso, però, ha respinto la richiesta. 

La procura valuta di allargare l'inchiesta

Il pubblico ministero Carlo Cinque si è opposto spiegando che “una perizia non aggiungerebbe nulla a quanto già stabilito nel processo, l’unica conseguenza sarebbe quella di bloccare il dibattimento per altri sette o otto mesi”. Martedì mattina il pm Cinque illustrerà, quindi, la sua requisitoria per i tre imputati: l’architetto Domenico Fontana, attuale assessore comunale all’Ambiente e all’epoca direttore della riserva e presidente regionale di Legambiente, ente che tuttora, malgrado la chiusura, gestisce la riserva su mandato della Regione; l’architetto Daniele Gucciardo, dipendente del sito e Francesco Gendusa, dirigente dell’assessorato regionale al Territorio e all'Ambiente che si sarebbe occupato del coordinamento della riserva. L’accusa è di omicidio colposo perché non avrebbero impedito, ciascuno per le proprie competenze, che potesse verificarsi la tragedia tenendo aperta la riserva o predisponendo adeguate misure di sicurezza. 

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