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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Favara

Teresa e Trifone, la svolta. C'è un indagato: «Nessun mandante, ha agito da solo»

L'arma trovata nel laghetto vicino al palazzetto dello sport qualche giorno fa è stata decisiva. I magistrati confermano: «Siamo concentrati su una pista ben precisa»

C'è un indagato, c'è la tanto attesa svolta nelle indagini sul omicidio di Teresa e Trifone. L'arma trovata nel laghetto vicino al palazzetto dello sport qualche giorno fa è stata decisiva. I magistrati confermano: «Siamo concentrati su una pista ben precisa». Il Gazzettino racconta le ultime novità. Il killer non ha agito su commissione e conosceva bene la coppia, questo è quel che trapela.

Sarebbe un commilitone di Trifone Ragone, Giosuè Ruotolo, 26 anni, residente a Pordenone, l'indagato per l'omicidio del sottufficiale e della compagna, Teresa Costanza. Lo scrive l'Ansa. La notifica dell'iscrizione nel registro degli indagati è stata decisa dalla magistratura pordenonese per dare la possibilità all'uomo di nominare propri consulenti per accertamenti irripetibili sul caricatore recuperato dal laghetto nei giorni scorsi.

A più di 6 mesi dall'omicidio della favarese Teresa Costanza e del fidanzato, uccisi a Pordenone, la Procura avrebbe iscritto l'uomo nel registro degli indagati.

Infatti le analisi hanno confermato che il caricatore ripescato nel laghetto del parco di San Valentino è compatibile con la vecchia Beretta 7,65 utilizzata per tendere l’agguato la sera del 17 marzo al caporal maggiore Trifone Ragone e alla sua fidanzata .

La conferma è arrivata ieri. «In questo momento - hanno riferito in procura - siamo concentrati in una direzione molto precisa». C’è quindi un sospettato che farebbe escludere qualsiasi altra pista.

In questi mesi gli investigatori non hanno tralasciato nulla. Più di cinquanta uomini hanno lavorato per fare luce su cosa successe quella maledetta sera.

Il killer agì in un parcheggio buio con rapidità e lucidità militare, il che fece pensare a un professionista del crimine. Non lasciò nessuna traccia sul luogo del delitto. 

«Il caricatore ripescato nel laghetto è un modello monofilare che contiene più di sei colpi. Significa che l’assassino lo ha scaricato quasi completamente, che voleva essere sicuro di uccidere, cosa che ha fatto dimostrando sicurezza e abilità nel maneggiare la pistola. Una pistola Beretta realizzata prima della seconda Guerra mondiale, un ferro vecchio che in molti hanno definito la "pistola del nonno"». Lo stesso procuratore Martani a suo tempo aveva sottolineato che l’arma avrebbe potuto anche incepparsi.

Il Corriere della Sera aggiunge:

«Non ci sarebbe un mandante. Cioè, chi ha ucciso non l’ha fatto su commissione. Ha pensato, ideato e commesso il delitto realizzando un proprio piano. Questa almeno l’ipotesi investigativa, sulla quale stanno confluendo tutti i dati significativi fin qui raccolti sull’indagato».

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