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Cronaca

Tangenti in cambio di finanziamenti a tasso agevolato, intercettazioni a rischio

La difesa sostiene che si tratta delle stesse disposte nell'ambito di altri procedimenti e non sarebbero utilizzabili, la Procura produce i decreti

Intercettazioni a rischio al processo a carico di diciassette imputati dell'inchiesta "Giano Bifronte", che ipotizza un giro di tangenti in cambio della concessione di prestiti a tasso agevolato da parte dell'Irfis, istituto di credito di cui la Regione è unico azionista.

I giudici della prima sezione penale del tribunale di Agrigento, presieduta da Alfonso Malato, che già nelle scorse settimane hanno recepito questo principio in un caso analogo, avevano ordinato al pubblico ministero Alessandra Russo di produrre tutti i decreti di autorizzazione delle intercettazioni per potere accertare se, come sostenuto dalla difesa - in particolare dagli avvocati Francesco Gibilaro, Antonino Gaziano e Giuseppe Barba - si tratta delle stesse intercettazioni disposte nell'ambito dei processi "Duty free", su un giro di tangenti all'Agenzia delle Entrate, e sui presunti brogli legati alla realizzazione del porticciolo turistico di Licata.

La Procura ha adempiuto all'ordinanza e la difesa ha chiesto ai giudici un termine per potere visionare i decreti e formulare le proprie deduzioni. Il processo, qualora dovesse essere accertata la circostanza, rischia di restare "azzoppato", ovvero privo di una fonte di prova fondamentale.

L’inchiesta ruota attorno a due personaggi chiave: il funzionario dell'istituto Paolo Minafò, 53 anni, palermitano, e il consulente del lavoro Antonio Vetro, 48 anni, di Favara. Vetro, secondo l’accusa, avrebbe ideato un sistema corruttivo che si serviva della società di consulenza Intersystem srl di cui lui era amministratore e Minafò sarebbe stato socio occulto. Le tangenti, necessarie perché in caso contrario la richiesta di finanziamento sarebbe stata bloccata con un pretesto oppure scavalcata dalle altre che erano state presentate dagli imprenditori che avevano pagato la “bustarella”, sarebbero state mascherate con delle consulenze all'Intersystem.

Nella lista degli imputati ci sono altri quindici imprenditori - soci di piccole attività che operano in svariati settori - accusati di avere corrotto Minafò attraverso Vetro. Si tratta di Angelo Incorvaia, 54 anni; Valerio Peritore, 50 anni; Luigi Di Natali, 67 anni; Giovambattista Bruna, 68 anni; Vincenzo Scalise, 41 anni; Pietro Carusotto, 61 anni; Patrizia Michela Cristofalo, 42 ann; Nicola Galizzi, 50 anni; Ettore Calamaio, 55 anni; Calogero Messana, 43 anni; Antonio Milioti, 41 anni; Sebastiano Caizza, 39 anni; Angelo Sanfilippo, 61 anni; Calogero Curto Pelle, 61 anni; e Gerlando Raimondo Lorenzano, 55 anni, di Aragona.

Il primo aprile si torna in aula: la difesa, dopo avere consultato i decreti autorizzativi delle intercettazioni, formulerà le proprie osservazioni e i giudici dovranno prendere la decisione che sarà decisiva ai fini del processo.

Le indagini sono state svolte sul campo dalla Guardia di finanza che, il 21 giugno del 2017, ha fatto scattare alcune misure cautelari.

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