"Spacciavano anche durante il lockdown", tre arresti a Ribera
Gli inquirenti hanno ritrovato sotto terra dei barattoli contenenti 12mila euro, proventi derivanti secondo l'accusa dal traffico di stupefacenti
Avrebbero persino accettato pagamenti "a credenza", tenendo in pegno cellulari o altra merce per coprire il debito dei tossicodipendenti e avrebbero svolto un'attività di spaccio ritenuta particolarmente "fiorente", al punto che i soldi incassati sarebbero stati sepolti dentro barattoli nel terreno, per essere messi al sicuro. Sono questi alcuni dei dettagli dell'operazione condotta dai carabinieri della Tenenza di Ribera, che hanno tratto in arresto due fratelli tunisini e una donna rumena, tutti e tre residenti nella città delle arance, accusati di aver commerciato in eroina, cocaina, marijuana e crack. Si tratta di Rached e Anis Khalfaoui, di 32 e 34 anni e Nicoleta Atomi, 20 anni.
Le indagini, infatti, avrebbero permesso di documentare numerosi episodi di spaccio nei mesi di aprile e maggio, quindi in pieno lockdown: a riprendere tutto era una telecamera installata nei pressi dell’abitazione degli indagati, che ha immortalato un lungo via-vai di persone tra i 18 e i 40 anni che si rifornivano di stupefacente. I militari, dice una nota diffusa dal Comando provinciale, hanno riscontrato che si trattasse di un effettivo commercio di droga sottoponendo a controllo "diversi assuntori poco dopo che avevano acquistato lo stupefacente, di cui venivano trovati in possesso".
Nel corso delle indagini sono stati eseguiti dai carabinieri inoltre numerosi pedinamenti che hanno consentito di individuare un luogo isolato dove gli indagati nascondevano i proventi derivanti, si ipotizza, dall’attività di spaccio: in totale sono stati sequestrati 12mila euro in banconote di vario taglio contenuti in barattoli sepolti nel terreno.
Lo stupefacente, secondo gli inquirenti, arrivava da Palermo e veniva trasportato fino a Ribera: del rifornimento e dello spaccio si sarebbero occupati i due fratelli, mentre la donna - secondo le indagini - avrebbe fatto la "vedetta" all’esterno dell’abitazione. I tre comunque temevano di essere oggetto delle attenzioni delle forze dell'ordine tanto che avrebbero installato un sistema di telecamere esterne.
Decisivi, ai fini dell'operazione, le testimonianze di alcuni clienti. I due fratelli tunisini sono adesso agli arresti domiciliari, uno a Ribera l’altro a Irsina in provincia di Matera, mentre per la donna è scattato al momento l’obbligo di firma alla Tenenza dei carabinieri di Ribera.
L'appello del parroco antidroga: "Isoliamo gli spacciatori"
Il fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti ha ormai assunto in città dimensioni preoccupanti tanto che nei giorni scorsi il parroco don Antonio Nuara ha lanciato un vero e proprio appello contro gli spacciatori. "Segnaliamoli - ha detto a giovani e famiglie-, organizziamoci in associazione e muoviamoci. Lo stato non ci aiuta, noi sacerdoti siamo con voi. Faccio appello a tutti i genitori, soprattutto a quelli che in casa stanno vivendo questo dramma”.
Un allarme che era cresciuto anche dopo la morte di due giovani riberesi, adesso sottoposti ad autopsia per verificare le effettive cause del decesso. Entrambi, hanno dichiarato gli inquirenti in conferenza stampa, si sarebbero riforniti anche dai tre arrestati, per quanto l'attività di spaccio di questi ultimi si fosse sospesa negli ultimi mesi e quindi nessun collegamento sarebbe possibile fare tra le diverse vicende.
(Aggiornato alle 11.29)