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Giovedì, 25 Aprile 2024

Sorelle sudanesi raccontano cos'è l'immigrazione: "Abbiamo provato ad attraversare il mare 3 volte, ci hanno bucato il gommone .. voglio fare il medico per aiutare"

La 14enne e la 17enne frequentano il liceo Scientifico Leonardo. Le loro parole, rivolte anche agli agenti, hanno scosso gli animi: "Quando andrete nei centri di raccolta, sappiate, che, come è successo per me e mia sorella, voi siete un punto di riferimento, una certezza"

Lacrime, voci tremanti, applausi e abbracci. La testimonianza di due sorelle sudanesi, di 14 e 17 anni, studentesse del liceo Scientifico "Leonardo" di Agrigento, ha scosso - scompaginando il tradizionale cliché della cerimonia della festa della polizia - gli animi di tutti i presenti. Sono state parole che dovrebbero far riflettere, perché è anche - soprattutto - quello che hanno raccontato le due sorelle il fenomeno dell'immigrazione clandestina. "E' iniziato tutto nel 2015 quando io e i miei 4 fratelli assieme a mia mamma siamo partiti e abbiamo attraversato, impiegando diverse settimane, il deserto. Siamo arrivati in Libia dove siamo stati per diversi mesi. Abbiamo provato - ha raccontato, in piazza Vittorio Emanuele dove s'è tenuta la cerimonia agrigentina per il 171esimo anniversario della fondazione della polizia - ad attraversare il mare 3 volte. Siamo stati mandati indietro perché c'era brutto tempo o perché c'era la polizia e non potevamo passare. La terza volta - ha raccontato la diciassettenne, che frequenta il terzo anno del liceo Scientifico - la polizia dei confini ci ha bucato il gommone per non farci salpare. La quarta volta siamo riusciti ad arrivare, ci ha soccorso la nave di una Ong e ci hanno portato al porto di Trapani". La ragazza ricorda di un certo Giuseppe, con il quale la famiglia di sudanesi ha ancora contatti, che li ha molto aiutati.

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"Abbiamo incontrato poliziotti gentili che ci hanno sempre sorriso e non ci hanno fatto mai sentire soli - ha detto, guardando in faccia agenti e funzionari tutti schierati all'ingresso della Questura - . A Trapani ci hanno fatto iniziare la scuola, è stata una comunità molto accogliente e non volevano spostarci. Siamo arrivati poi, da Trapani, a Sant'Angelo Muxaro dove abitiamo con mamma e dove ci sono molte brave persone che ci hanno accolto con affetto e ci hanno fatto sentire  casa. Vedervi oggi qua - ha aggiunto la diciassettenne, rivolgendosi ai poliziotti, e l'emozione s'è fatta fortissima, - è come vedere una seconda famiglia. Ci avete dimostrato che voi, per noi, ma anche per altri, ci siete sempre stati". Inevitabili, a questo punto, le lacrime, ma anche gli applausi. 

"Vorrei diventare medico per aiutare gli altri come voi avete fatto con noi - ha concluso, e le lacrime si sono trasformate in singhiozzi, - e dimostrare che ognuno con il suo mestiere può aiutare a fare un mondo migliore". Ad abbracciarla, tirandola via dall'imbarazzo della commozione, è stato il questore Emanuele Ricifari che, nonostante due settimane di servizio ad Agrigento, si è dimostrato attentissimo, con mente e cuore, alla crisi perdurante dell'immigrazione. 

"Mi ricordo quel terribile viaggio, la paura, il terrore. Ricordo il momento in cui i libici hanno provato a bucare il gommone - ha raccontato, prendendo subito dopo la parola, la quattordicenne - .  Siamo stati accolti a Trapani e non mi riferisco a chi ci portava cibo e vestiti, ma a chi ci faceva carezzCe e gentilezze. Frequento il primo anno del liceo Scientifico Leonardo e sono contenta di stare qua. Quando andrete a casa, raccontate ai vostri figli la nostra storia - ha aggiunto, anche lei fortemente emozionata, l'adolescente - . E quando andrete nei centri di raccolta, sappiate, - ha concluso, rivolgendosi ai poliziotti - che, come è successo per me e mia sorella, voi siete un punto di riferimento, una certezza". 

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