Smartworking negli enti locali: tra problemi organizzativi e personale senza una mansione
Da oltre un mese è diventata ordinaria una forma di gestione del lavoro che era pensata solo per l'eccezionalità: difficile anche far funzionare gli enti
Si chiama "Smart working", "lavoro agile" in italiano, e ormai è sulla bocca di tutti. E' una forma di attività che si svolge da casa, una forma che oggi è divenuta irrinunciabile per garantire la riduzione della diffusione del contagio da Covid-19, sia per le aziende private che per gli enti pubblici.
Ma, materialmente, all'interno di un Comune come si riesce praticamente a realizzare lo "smart working"? Spesso, ci spiegano dei dipendenti, con difficoltà. Complesso è, lavorando dalla distanza, coordinare le attività svolte da tutti, o garantire una serie di risultati se, magari, un lavoratore non padroneggia perfettamente gli strumenti digitali.
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Ma non è tutto qui. Perché al momento tutti quei lavoratori che si occupavano ad esempio di servizi di front office, o di guardiania (portieri, custodi, guide), o ancora che svolgevano la funzione di autisti eccetera, dopo aver già preso le ferie e i riposi (come previsto dalla norma), è oggi a casa senza svolgere alcuna mansione. Sia chiaro, in un momento di scelte straordinarie nessuno può obiettare, stante che l'interesse primario non può che rimanere la salute dei lavoratori. Certo è però che, alla lunga, gli enti dovranno iniziare a fare i conti con questa nuova organizzazione. Alcuni, come fanno ad esempio al Libero Consorzio, stanno approfittando di queste settimane per far formare il personale.