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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Siculiana

Siculiana, la cava potrà riprendere l'attività estrattiva: parola del Tar

Condannati Ministero dell'Interno e Assessorato regionale all'Energia. Il Tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso della "Siculiana cave snc"

La "Siculiana cave snc" potrà riprendere la sua attività estrattiva. Lo ha deciso il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, che ha accolto il ricorso della stessa società, annullando il provvedimento di decadenza dall'autorizzazione all'attività di cava, basato esclusivamente sull'informativa atipica impugnata.

La Prefettura di Agrigento aveva emesso un'informativa antimafia "atipica" nei confronti della società "Siculiana cave" snc di Francesco e Giuseppe Drago, in ragione del rapporto di parentela tra i soci ed  un soggetto coniugato con S.G., a sua volta socia di una società amministrata da tale M.R., coniugata con un soggetto indagato nell'ambito di un'operazione antimafia, ma successivamente assolto perché il fatto non sussiste e per insufficienza della prova. 

Per effetto dell'informativa prefettizia, il Distretto minerario di Caltanissetta aveva comunicato alla società la decadenza dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di cava nel territorio del Comune di Siculiana. Ma la società siculianese ha proposto un ricorso davanti al Tar Sicilia, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, richiamando il costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui "la sussistenza di un rapporto di parentela con un soggetto ritenuto in possibile contiguità con la malavita organizzata non è da solo sufficiente a suffragare la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa"; sottolineando, tra l'altro, che il Francesco Domenico Savio Drago, legale rappresentante della società ricorrente, è figlio di Angela Lo Iacono, denominata "madre coraggio", per avere sempre denunziato i diversi atti intimidatori di chiara matrice mafiosa subiti da un'altra società denominata "Drago Alfonsina", di cui la stessa era procuratore generale. 

Si sono costituiti in giudizio, quindi, il Ministero dell'Interno, la Prefettura di Agrigento e l'Assessorato regionale dell'Energia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, per chiedere il rigetto del ricorso. Già in sede cautelare il Tar aveva ritenuto fondato il ricorso patrocinato dagli avvocati Rubino e Alfieri ed aveva ordinato alla Prefettura di Agrigento ed all'Amministrazione regionale di riesaminare, rispettivamente, l'informativa prefettizia ed il provvedimento di decadenza; ed in esecuzione dell'ordinanza cautelare, la Prefettura di Agrigento aveva ritenuto di adottare una nuova informativa nei confronti della società siculianese, secondo cui non sussiste il pericolo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi gestionali della società ricorrente. 

Da ultimo, esaminando il merito della controversia, la prima sezione del Tar di Palermo (presidente Filoreto D'Agostino, relatore Maria Cappellano), preso atto dell'informativa antimafia liberatoria emessa dalla Prefettura di Agrigento, ha dichiarato la cessazione parziale della materia del contendere, accogliendo il ricorso nella restante parte ed annullando il provvedimento di decadenza dall'autorizzazione all'attività di cava esercitata dalla società ricorrente, basato esclusivamente sull'informativa atipica impugnata, e condannando sia il Ministero dell'Interno che l'Assessorato regionale dell' Energia al pagamento delle spese giudiziali, liquidate in tremila euro, oltre iva e cassa di previdenza forense. 

Pertanto, per effetto della sentenza resa dal Tar, la società siculianese potrà continuare l'esercizio dell'attività estrattiva iniziata oltre dieci anni fa e le amministrazioni resistenti dovranno pagare le spese giudiziali; salvo il diritto al risarcimento del danno subito dalla società siculianese per l'illegittima interruzione dell'attività estrattiva determinatasi nelle more del giudizio che potrà essere fatto valere entro centoventi giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi del nuovo codice della giustizia amministrativa.

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