Troppi dissidi familiari ed economici, poliziotto confessa: ha sparato 15 colpi di pistola contro il figlio
Il presunto assassino, assistito dal suo difensore Daniela Posante, è stato incalzato dalle domande del pm Chiara Bisso, e dal capitano del Nor Alberto Giordano
Troppi dissidi familiari, spesso legati anche a motivi economici. Stamani, dopo l'ennesima baruffa, con tanto di minacce e aggressione, s'è consumata la tragedia. L'assistente capo della polizia, Gaetano Rampello, ha, dopo un paio d'ore di interrogatorio, confessato e fatto chiarezza su quello che stamani è accaduto in piazza Progresso.
Ore 16,30. Incalzato dalle domande del pm Chiara Bisso e del capitano Alberto Giordano, che coordina il Nor della compagnia di Agrigento e che ha proceduto all'arresto, Gaetano Rampello, 57 anni, ha confessato. Dopo le prime ammissioni, durante l'interrogatorio che si è svolto in caserma, l'assistente capo della polizia - assistito dall'avvocato Daniela Posante - ha ammesso d'aver sparato, ripetutamente al figlio Vincenzo Gabriele, di 24 anni. I carabinieri della compagnia di Agrigento, guidati dal maggiore Marco La Rovere, hanno ricostruito i continui dissidi familiari esistenti, anche economici (il ragazzo chiedeva sempre soldi al genitore ndr.), fra padre, che viveva a Catania, e figlio che - dopo la separazione dei genitori - era rimasto a vivere da solo a Raffadali.
Ore 15. L'interrogatorio dell'assistente capo della polizia di Stato, Gaetano Rampello, di 57 anni, è appena cominciato. Il presunto assassino è stato portato in caserma, a Raffadali, e viene sentito dal sostituto procuratore di turno Chiara Bisso, sotto il coordinamento del procuratore capo Luigi Patronaggio. Sembra che l'indagato, che ha nominato come difensore l'avvocato Daniela Posante, presente in caserma, abbia iniziato a fare delle ammissioni. Alla stazione dei carabinieri è presente anche il capitano Alberto Giordano, che è a capo del nucleo Operativo e Radiomobile, e il maggiore Marco La Rovere che guida la compagnia dell'Arma di Agrigento.
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Il poliziotto, in servizio al decimo reparto Mobile di Catania, ha esploso - a distanza ravvicinata - 15 colpi di pistola contro il figlio: Vincenzo Gabriele di 24 anni. E lo ha fatto in piazza Progresso, da dove poi, appunto, si è allontanato andandosi a sedere su una panchina in attesa di un autobus. I carabinieri del Nor della compagnia di Agrigento sono però riusciti e in maniera fulminea a bloccarlo e ad arrestarlo.
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Gaetano Rampello, a quanto pare, sta rispondendo alle domande del magistrato, ammettendo quanto è accaduto.
I carabinieri della compagnia di Agrigento, diretti dal maggiore Marco La Rovere, stanno intanto cercando di approfondire i dissidi familiari che legavano padre e figlio e che hanno portato a questo tragico epilogo.
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"Impensabile. Un fatto assurdo". Lo afferma Giancarlo Consoli, capo del X Teparto mobile della polizia di Stato, nel quale Gaetano Rampello, l'assistente capo che ha ucciso il figlio di 24 anni. "A Catania - dice Consoli – era in servizio dal 2001. Mai aveva dato problemi, e di servizi in sede e fuori sede ne aveva fatti tanti. Spesso quando era possibile veniva aggregato alla polizia di Agrigento essendo lui di Raffadali. Sapevamo dei problemi con il figlio che era in cura psichiatrica e che spesso gli chiedeva soldi. Con lui spesso litigava. Era separato dalla moglie e viveva a Catania: aveva un carattere particolare, ma niente da far presagire un episodio così terribile". Consoli spiega anche che Rampello in questi giorni era libero dal servizio perché stava usufruendo di alcuni recuperi.
(Aggiornato alle ore 16,32)