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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Raffadali

"Così abbiamo ucciso Pasquale Mangione", collaborante racconta omicidio

Concluso l'interrogatorio di Antonino Mangione: i dubbi della difesa sulla cifra che sarebbe stata pagata dal figlio per mettere a segno il delitto

In un primo momento aveva detto che l'omicidio era stato pagato con 10.000 euro da dividere in tre. All'udienza precedente aveva corretto il tiro dicendo che il delitto era stato commissionato con 5.000 euro oltre ai 1.300 euro ricevuti a parte per l'arma.

Si è concluso, con le domande dei difensori degli indagati ((gli avvocati Salvatore Pennica, Teresa Alba Raguccia, Antonino Gaziano e Giuseppe Barba) l'incidente probatorio, davanti al gip Luisa Turco, nel quale è stato sentito il collaborante Antonino Mangione, 41 anni, le cui dichiarazioni hanno contribuito a fare scattare gli arresti per l'omicidio del pensionato di Raffadali, Pasquale Mangione. 

L'omicidio è avvenuto in contrada Modaccamo, strada di campagna fra Raffadali e Cianciana il 2 dicembre del 2011. "Mi chiese se potevo organizzare l'omicidio del padre, era diventato un fastidio per lui perchè andava in giro a molestare donne in paese. Mi diede 5mila euro che spartimmo con Roberto Lampasona e Angelo D'Antona, altri 1.300 euro li pagò a parte per la pistola che acquistai da un palmese".

Così Antonino Mangione, rispondendo al pm Sara Varazi, aveva ribadito la sua confessione all'udienza precedente. Una versione dei fatti, secondo la difesa, contraddittoria rispetto alle precedenti dichiarazioni. L'omicidio del pensionato di 69 anni Pasquale Mangione, secondo il racconto del collaborante, sarebbe stato commissionato dal figlio della vittima.

Antonino Mangione, collaborante, a sua volta arrestato, ha raccontato di avere organizzato l'omicidio su incarico di uno dei figli della vittima - Francesco Mangione, indagato rimasto in libertà - che aveva deciso di farlo eliminare perchè andava in giro a disturbare donne sposate. A commettere materialmente l'omicidio, secondo il racconto di Mangione, sarebbero stati Roberto Lampasona, 43 anni e Angelo D'Antona, 36 anni.

Il collaborante aveva aggiunto: "Ho chiesto l'autorizzazione a Francesco Fragapane (condannato a 20 anni con l'accusa di essere il nuovo capo mandamento) che mi disse che la vittima non apparteneva a Cosa Nostra e, in definitiva, potevamo fare quello che volevamo". 

La difesa degli altri indagati sostiene che Antonino Mangione copra il vero killer e alcuni dettagli del ritrovamento del cadavere li abbia appresi dagli organi di stampa e non dal racconto di Lampasona e D'Antona.

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