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Cronaca

Questore e procuratore: "Celebriamo un eroe, il cui insegnamento deve darci coraggio"

Il presidente della Consulta giovanile studentesca Davide Amato: "L'antimafia si può fare ogni giorno, con le piccole azioni, in luoghi dove vediamo le ingiustizie senza girarci dall'altra parte"

"Noi ci siamo. Siamo qui per garantire, nell'umiltà, il servizio alla comunità". E' con queste parole, fra commozione e orgoglio ricordando il commissario capo Beppe Montana e quel 1985, che il questore di Agrigento Maurizio Auriemma ha ribadito la presenza della polizia di Stato. Ma ha anche ringraziato tutti coloro che si sono spesi per arrivare all'intitolazione della Questura al capo sezione della "Catturandi", "a partire - ha detto Auriemma - dal prefetto Nicola Diomede con il quale abbiamo individuato la data". "Celebriamo un eroe, il cui insegnamento deve darci coraggio" - ha sottolineato Auriemma - . In prima fila, allo spazio Temenos, anche l'ormai ex questore di Agrigento Mario Finocchiaro, adesso questore di Messina. 

Il fratello di Beppe Montana: "Le storie delle vittime innocenti entrino nelle nostre coscienze" 

"La città ha già dedicato una via e una villetta a questo suo figlio che è nato ad Agrigento - ha detto il sindaco Lillo Firetto - . Poliziotto intraprendente, uomo delle istituzioni, poliziotto caduto nel 1985. Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Il ruolo delle istituzioni tutte, in questo tempo molto complicato, non potrà che essere un ruolo di collaborazione. E la sua presenza mi dona conforto. Ringrazio anche la signora Manganelli e Ida Montinaro perché ciò che è stata la sua tragedia è stata la tragedia di tutti". 

Il capo della polizia alla stele di Livatino e in silenzio per i vigili del fuoco morti

"Beppe Montana si era già distinto in quegli anni, aveva partecipato al blitz 'San Michele' in cui vennero eseguiti 366 ordini di cattura. Aveva scoperto il deposito delle armi di Michele Greco che veniva detto il 'papa' per quanto era intoccabile - ha ricordato il procuratore Luigi Patronaggio - . Aveva arrestato, a casa sua, il boss Masino Spatara che nessuno cercava. A Bonfornello arrestò tutti i fiancheggiatori di Michele Greco. Il clima, allora, era contraddittorio. Grandi testate, come Il Giornale o il Giornale di Sicilia, vedevano con sospetto il muoversi di Falcone e Borsellino e degli uomini a loro vicino. Non li appoggiavano apertamente. La magistratura e anche le forze dell'ordine non avevano fatto il salto culturale per la lotta alla mafia. La ricerca dei latitanti era il punto debole di questa catena. Alla Squadra Mobile di Palermo c'era chi i latitanti non li cercava affatto, c'era chi li invitava a costituirsi a quello che veniva chiamato 'Grand hotel Ucciardone'. C'era invece chi li cercava sul territorio andando in giro su una motocicletta, fidandosi di confidenti che facevano il doppio gioco". Il procuratore ha ricordato anche la metodologia seguita da Montana e Ninni Cassarà. "Circolavano voci infamanti che poi portarono alla morte di Montana e Cassarà - ha spiegato, fra ricordi personali, Patronaggio - . Anche all'interno della Squadra Mobile non tutti avevano la stessa tensione morale per fare il loro dovere". 

LE VIDEO INTERVISTE. Il capo della polizia: "La guerra non è ancora finita e non è ancora definitivamente vinta"

"Ad Agrigento possiamo riguardare Guazzelli, Livatino e anche Beppe Montana - ha detto il presidente della Consulta giovanile studentesca Davide Amato - . Beppe Montana è stato condannato a morte da Cosa Nostra per il suo coraggio, intransigenza e la sua tenacia. Mi vengono in mente le storie di Borsellino, Falcone, Dalla Chiesa, Peppino Impastato: tutti uomini che sono stati uccisi per essersi messi in gioco, uomini che hanno messo davanti a tutto la lotta contro la mafia, prima ancora delle loro vite. Queste persone ci hanno dato un insegnamento: non bisogna girarsi dall'altra parte quando vediamo commettere degli atti ingiusti. Non bisogna essere tutti eroi come Beppe Montana, come Peppino Impastato, come Falcone, l'antimafia si può fare ogni giorno, con le piccole azioni, in luoghi dove vediamo le ingiustizie senza girarci dall'altra parte. Perché la mafia è questo: è ingiustizia, egoismo. Questo vuol dire antimafia".  

Questura intitolata a Beppe Montana

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