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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Porto Empedocle

Vittime innocenti della mafia, il ministero dovrà risarcire 2 milioni di euro

Giuseppe Marnalo, all'epoca quarantaseienne, ed il ventenne Stefano Volpe rimasero uccisi nel corso dell'agguato mafioso - la seconda strage di Porto Empedocle, del 4 luglio del 1990

Vittime innocenti della seconda strage di mafia di Porto Empedocle. Lo Stato condannato a maxi risarcimento in favore dei familiari.

Giuseppe Marnalo, all'epoca quarantaseienne, e Stefano Volpe, all'epoca solo ventenne, rimasero vittime - innocenti - nel corso dell'agguato mafioso del 4 luglio del 1990.

Erano gli anni caldi della guerra di mafia a Porto Empedocle. Da un lato, c'era Cosa nostra, all’epoca facente capo alla famiglia Albanese-Messina, e dall'altro il gruppo degli “Stiddari”, facente capo alla fazione opposta dei Grassonelli. E l'agguato del 4 luglio del 1990 costituiva la "risposta" alla prima strage di Porto Empedocle, avvenuta in via Roma la sera del 21 settembre 1986.

Già nel procedimento penale celebratosi nel 1995 davanti alla Corte di Assise di Agrigento, presidente Salvatore Cardinale, sia Maria Concetta Vecchia, moglie di Giuseppe Marnalo, rimasta con cinque figli in tenera età, sia Giuseppe Volpe, padre di Stefano, senza alcuna remora si erano costituiti parte civile contro gli autori della strage, dei quali chiedevano la condanna. Dopo la sentenza del 1997 - con la quale la Corte di Assise di Agrigento aveva ritenuto responsabili della strage e condannato alla pena dell’ergastolo i responsabili dell’agguato - i familiari delle vittime si sono rivolti al fondo di Solidarietà per le vittime di reati di tipo mafioso per godere dei benefici previsti dalla legge. Ma gli venivano negati.

Giuseppe Volpe e Maria Concetta Vecchia si sono quindi rivolti agli avvocati Angelo Farruggia ed Annalisa Russello. Il primo giudizio, promosso davanti al tribunale di Agrigento, si concludeva nel 2012 con la condanna dei responsabili della strage, in solido con il Fondo di Solidarietà, al risarcimento dei danni, nella misura massima prevista per la perdita di un congiunto, in favore dei familiari delle vittime innocenti di mafia.

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