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Cronaca Porto Empedocle

Morto dopo incidente per emorragia non diagnosticata, giudizio abbreviato per 4 medici

Il giudice, in precedenza, aveva rigettato la richiesta di procedere ad una nuova perizia. Gli ortopedici sono accusati di avere provocato il decesso del 69enne Michele Distefano

Giudizio abbreviato per i quattro medici accusati di omicidio colposo nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Michele Di Stefano, di Porto Empedocle, avvenuta a 69 anni il 26 giugno del 2016 dopo essere stato investito da un’auto.

L’infarto intestinale che ne ha provocato la morte, secondo il gip Francesco Provenzano che dispose l'imputazione coatta, poteva essere contrastato e risolto con un intervento chirurgico entro le 24 ore. L’emorragia, invece, si estese fino alla morte del paziente.

Dopo la decisione del gup Stefano Zammuto di rigettare la richiesta dei difensori di accertare i fatti con una perizia, la strategia processuale dei legali degli imputati (gli avvocati Angelo Farruggia, Pierluigi Cappello, Alfonso Neri, Salvatore Pennica ed Eugenio Longo) è stata quella del giudizio abbreviato. Il 18 maggio è in programma la requisitoria del pubblico ministero.

A rischiare la condanna, per l'accusa di omicidio colposo, sono quattro ortopedici in servizio all'ospedale San Giovanni di Dio. Sotto accusa, dopo l'archiviazione dell'indagine a carico di sei medici in servizio al pronto soccorso e al reparto di terapia intensiva, ci sono gli ortopedici Giuseppe Tulumello, 45 anni; Giovanna Callea, 42 anni; Santo Rapisarda, 52 anni e Salvatore Pinella, 53 anni.

Secondo il giudice che aveva disposto l'imputazione coatta, devono essere processati per omicidio colposo perché “in violazione delle linee guida specifiche, hanno omesso gli esami strumentali che avrebbero accertato in tempo utile la presenza di un’emorragia intestinale”.

Di Stefano fu ricoverato in ortopedia perché, dopo essere stato investito da un’auto, riportò la frattura del femore. L'uomo, che soffriva di obesità e aveva il diabete nonchè una patologia cardiaca, morì per un infarto intestinale. Le responsabilità mediche, secondo il giudice, sono da rintracciare nella fase in cui gli esami del paziente mostrano “una rapida anemizzazione”. In sostanza la perdita di sangue sarebbe stata dovuta all’infarto intestinale ma i medici si sarebbero limitati a infondere due sacche di plasma senza indagare sulla cause.

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