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Le proteste

Cosa sta succedendo in ospedale? Il primario Fiorica: “Il 118 non può mandare tutti i pazienti qui”, e in corsia regna il caos

Le testimonianze di pazienti disorientati, stremati e rassegnati. Per ore attendono risposte, un’assistenza celere che non arriva e una collocazione in reparto prima che sia troppo tardi: un giorno di ordinaria follia al pronto soccorso del “San Giovanni di Dio”

E’ stata una giornata davvero difficile all’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento, in quel pronto soccorso in cui, a questo punto, ci si augura di non dover mai arrivare, di non averne mai bisogno. Proprio così: non resta che “augurarsi di star bene”. Magra consolazione, ma è l’unica che si ha quando ci si trova di fronte ad un simile paradosso.

Una giornata da dimenticare, con l’arrivo senza sosta di pazienti in ambulanza che non potevano essere “scaricati” per mancanza di barelle. In pochi minuti è stato il caos. Un sistema organizzativo di primo soccorso che si avvita su se stesso e collassa inesorabilmente: da una parte medici ed infermieri che eroicamente fanno quel che possono. Anzi, oltre quello che è lecito attendersi. Ma sono pochi, incredibilmente pochi rispetto alla mole di pazienti da gestire, di fronte a troppe persone che arrivano in ambulanza e che non possono neanche entrare in ospedale perché, oltre a mancare gli spazi, mancano pure i lettini con le ruote.

Ambulanze bloccate per carenza di barelle al "San Giovanni di Dio", la testimonianza: “Situazione al collasso”

Questo 7 gennaio al pronto soccorso dell’ospedale “San Giovanni di Dio”, insomma, è stato il ritratto perfetto di un Sud che non funziona, abbandonato a se stesso, sempre più isolato e messo da parte, che guarda le efficienti strutture del Nord con rammarico e forse anche con invidia. E in mezzo a tanta confusione e sconforto, ha parlato il primario di terapia intensiva Gerlando Fiorica, appena arrivato per il suo solito turno di servizio. Ha raccontato come stanno realmente le cose, con affanno ma allo stesso tempo con la determinazione di fare l’impossibile per risolvere il problema “Abbiamo delle serie difficoltà a smaltire gli accessi che arrivano dal pronto soccorso - ha detto - perché il 118 afferisce all’ospedale principale che è il nostro, il ‘San Giovanni di Dio’ appunto. Qui dobbiamo sopperire tutte le necessità dei pazienti che arrivano da ogni parte della provincia, anche da grossi centri come Sciacca, Licata e Canicattì che hanno comunque ospedali propri. Il pronto soccorso non ha personale sufficiente, ci sono evidenti carenze strutturali che stiamo cercando di superare con la collaborazione della direzione strategica che è sempre presente nel gestire queste necessità. Ma ovviamente ci sono giornate come questa dove tutte le lacune vengono fuori. Tutto ciò alla fine non fa altro che sovraccaricare il sistema e ci ritroviamo con le ambulanze del 118 bloccate fuori perché non riusciamo a sbarellare. Non solo come primario di terapia intensiva, ma anche in qualità di capo dipartimento dell’emergenza, devo cercare di sensibilizzare le varie unità operative perché sono proprio quelle ad essere l’imbuto che rallenta tutto. Che il 118 continui a portare ambulanze qui tenendole parcheggiate fuori dall’ospedale, in attesa di sbarellare, è una cosa che davvero non concepisco. Quando mandano un’ambulanza con i soccorritori, questa ovviamente va nel pronto soccorso più vicino che siamo noi. Ma se c’è un sovraffollamento ad Agrigento, il 118 deve dislocare ambulanze altrove.

Per quanto ci riguarda stiamo accogliendo tutti i pazienti che possiamo, anche in sovrannumero, nei vari reparti, per garantire uno smaltimento in pronto soccorso ed astanteria e dare assistenza a tutti. Per me non esistono pazienti di serie A o serie B: vanno curati tutti allo stesso modo. E ovviamente, con tutte le difficoltà che è possibile immaginare, stiamo cercando di creare spazi dove non ci sono, di creare posti dove sembra impossibile, nella speranza di ottenere un risultato. Mi rendo conto dei disagi e mi scuso con gli utenti, ma troveremo una soluzione. A questo punto mi chiedo se sia lecito chiedere aiuto agli ospedali minori. Io dico di sì. Devono darci una mano perché sono comunque operativi con i loro pronti soccorso. Potrebbero accogliere anche pazienti provenienti da Agrigento, nessuno lo vieta. E il 118 deve smaltire i pazienti distribuendoli in tutti gli ospedali della provincia. Da parte mia sto cercando di fare in modo che le unità operative prendano pazienti anche in sovrannumero e garantiscano assistenza in egual modo. Ma se vogliamo dare una risposta concreta agli utenti bisogna prima di tutto creare una fattiva collaborazione tra noi e la centrale operativa del 118”.

Mancano le barelle e le ambulanze non riescono a lasciare i pazienti: è il caos al pronto soccorso del "San Giovanni di Dio"

E poi ci sono le testimonianze di chi si è ritrovato nell’inferno: “Questo signore accanto a me - racconta un uomo di mezza età - è arrivato in codice rosso. E’ qui da stamattina. Lo hanno semplicemente visitato ma è ancora in attesa di essere curato. Sta soffrendo in silenzio. Spero che intervenga il ministro della salute per evitare che queste cose non avvengano in un luogo che dovrebbe reputarsi civile. Siamo cittadini anche noi”.

Un’altra voce: “Sono qui dalle 10 di ieri mattina con mia nonna che sta male. All’inizio ci hanno dato assistenza e poi siamo stati abbandonati. E’ entrata in codice rosso 6 ore fa e ancora attendo il documento per le dimissioni”.

Mia sorella - racconta un altro signore che arriva dalla provincia - dicono che abbia un enfisema polmonare. Siamo in corridoio dalle 18 di ieri. Ancora non sappiamo cosa fare. Il personale ci ha dato una mano per quello che è possibile. Da mezzogiorno ha una flebo al braccio che è esaurita. Ce l’ha ancora attaccata ma è vuota. Mi dispiace per Agrigento che è una bella città ma il servizio sanitario lascia davvero a desiderare.

“Sto aspettando che mio marito finisca dei controlli - dice un’anziana signora - ma lui è con l’ossigeno dalle 11 di stamattina e stiamo ancora aspettando i risultati degli esami. Mio marito è in stato di incoscienza, è gonfio e nessuno ci dice cosa bisogna fare. Continuano a prendere tempo. Non si può aspettare che una persona muoia.

“Il personale - racconta un’altra donna - è giustamente stressato. Si crea nervosismo. La gente non può attendere 18 ore per avere un foglio di carta che serve per tornare a casa. I medici sono sotto stress e fanno più del dovuto. Spesso sono anche costretti a subire le aggressioni degli utenti. Ma è gente che sta dando la vita per noi. Le cose possono migliorare solo se il cittadino alza la voce e solo se il sistema sanitario viene gestito in maniera efficiente da chi di competenza. “Ci sono troppi pazienti e pochissimo personale - dice una ragazza - ma non mi lamento per la volontà da parte del personale di assisterci, perché quella non manca. Mi lamento per l’organizzazione che fa acqua da tutte le parti.

Gli operatori stanno dando l’anima. Io sono qui da 3 giorni in pronto soccorso con mia sorella. Ancora non sappiamo neanche cos’ha e in quale reparto deve andare. Arrivano ambulanze e codici rossi in continuazione. E’ una cosa indecente. Anche i servizi igienici lasciano a desiderare. Nei bagni mancano carta igienica e sapone”.

Intanto Angelo D’Anna della Cgil ha chiesto un incontro urgente con il commissario straordinario dell’Asp Mario Zappia.

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