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Operazione Malebranche

L'inchiesta sul crac del gruppo Pelonero, al via l'udienza preliminare

Il giudice vuole individuare con precisione la "parte offesa" che viene indicata genericamente come curatela: gli imputati sono accusati di avere svuotato le aziende del gruppo in vista del fallimento

Il giudice vuole individuare con precisione la "parte offesa" ovvero la curatela fallimentare e rinvia per l'individuazione che sarà fatta dal pm.

L'inchiesta scaturita dall'operazione "Malebranche", che ipotizza l'esistenza di un'associazione a delinquere che avrebbe orchestrato una serie di operazioni di bancarotta legate al gruppo Pelonero, approda in aula per l'udienza preliminare.

Il pubblico ministero Paola Vetro ha chiesto il rinvio a giudizio di 20 imputati ai quali si contesta di avere realizzato un crack da 5 milioni di euro. L'inchiesta, il 30 luglio del 2020, ha fatto finire 10 persone agli arresti domiciliari. Oltre ai componenti della famiglia Sferrazza, che gestisce da anni la catena di negozi di articoli da regalo, casalinghi e giocattoli, era stata accusata di far parte dell'associazione a delinquere pure la commercialista Graziella Falzone.
L'ordinanza è stata firmata dal gip Luisa Turco a conclusione di un'indagine avviata nel 2015 e svolta sul campo della Guardia di finanza.

Il sistema ipotizzato dagli inquirenti era quello classico delle bancarotte: le aziende del gruppo, quando raggiungevano il massimo volume di affari, secondo l'accusa, venivano svuotate di beni e risorse che venivano fatte confluire su un'altra azienda del gruppo. Il tribunale del riesame e la Cassazione hanno annullato tutte le misure cautelari personali. Le imprese, però, sono tuttora sotto sequestro.  
"Non è stata dimostrata l'esistenza di alcuna struttura organizzativa neppure rudimentale, non esisteva alcun gruppo criminale".

Queste, in sintesi, le motivazioni per le quali, sul piano indiziario, è stata esclusa la sussistenza del reato di associazione per delinquere. Per quanto riguarda le singole condotte di bancarotta contestate, trattandosi di fatti risalenti a diversi anni addietro e non oltre il 2015, sono state ritenute troppo datate per giustificare una misura cautelare.

La Procura, intanto, ha chiesto i rinvii a giudizio e la vicenda è approdata in aula. Sotto accusa i titolari del gruppo. la commercialista e vari amministratori e soci che si sono alternati negli anni e avrebbero, secondo l'accusa, agevolato il sistema dei fallimenti pilotati. Si tratta di: Gaetano Sferrazza, 78 anni; Diego Sferrazza, 51 anni; Gioachino Sferrazza, 54 anni; Gaetano Sferrazza, 30 anni; Fabiana Sferrazza, 26 anni; Gaetano Sferrazza, 28 anni; Clelia Sferrazza, 23 anni; Teresa Maria Cani, 54 anni; Lorena Argento, 33 anni; Giovanna Lalicata, 51 anni; Graziella Falzone, 53 anni; Mariella Mamo, 38 anni; Veronica Vassallo, 33 anni; Giulia Di Marco, 51 anni; Ignazio Giacchetto, 59 anni; Cristian Amato, 27 anni; Assuntina Lupo, 55 anni; Nicolò Zambuto, 67 anni; Calogera Licata, 66 anni; Salvatore Noto, 39 anni.

I difensori (fra gli altri gli avvocati Daniela Posante, Giovanni Castronovo, Antonella Arcieri, Giacinto Paci, Salvatore Falzone e Santo Lucia) potranno chiedere eventuali riti alternativi. In caso contrario sarà il giudice Micaela Raimondo a decidere se disporre i rinvii a giudizio. Si torna in aula il 5 ottobre.

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