Trentenne morto dopo schianto contro il muro, i consulenti del pm: "Indagato era ubriaco e correva ma la colpa non è solo sua"
Maurizio Modica, 49 anni, da tre mesi è ai domiciliari con l'accusa di omicidio stradale per avere provocato il decesso dell'amico Giuseppe Terrosi. Il medico legale e l'ingegnere: "Avrebbe anche potuto salvarsi"
Maurizio Modica, l'automobilista di 49 anni indagato per omicidio stradale in seguito alla morte dell'amico Giuseppe Terrosi, 32 anni, guidava con un tasso alcolico di cinque volte superiore alla norma e ha superato di 20 chilometri orari il limite, fissato in 30, con cui ha percorso la curva in via Teatro Tenda, traversa del viale Cavaleri Magazzeni.
La circostanza gli ha fatto perdere il controllo della Peugeot 207 che, nella notte fra il 21 e il 22 febbraio scorsi, ha urtato contro il muro. Nell'impatto Terrosi, seduto nel sedile posteriore dell'auto, ha battuto la testa morendo sul colpo.
Leggermente feriti lo stesso Modica e gli altri due amici che si trovavano nell'auto. La vicenda è stata messa a fuoco. Sono stati depositati gli esiti delle due consulenze, disposte dal pubblico ministero Sara Varazi, che - tuttavia - ridimensionano in parte la responsabilità dell'indagato, finito agli arresti domiciliari dopo che gli esami clinici in ospedale hanno accertato un tasso etilico che superava di cinque volte il tasso consentito.
L'inchiesta del pm Sara Varazi è arrivata alle battute decisive. Sia il medico legale Sergio Cinque che l'ingegnere Venero Torrisi hanno depositato le rispettive consulenze tecniche messe a disposizioni delle parti (Modica ha nominato come legale di fiducia Teresa Alba Raguccia, i familiari della vittima sono assistiti dall'avvocato Daniela Posante) e soprattutto del magistrato della Procura che, con ogni probabilità, tirerà le somme dell'indagine. Il medico legale, in sostanza, individua nel trauma cranico riportato da Terrosi la causa della morte.
Il trentenne è stato molto sfortunato perché ha urtato il capo nella parte rigida del tetto. Il medico legale sottolinea che Terrosi era in stato soporoso a causa dell'assunzione massiccia di alcool. La circostanza, secondo quanto si legge nella consulenza, gli ha impedito di ammortizzare l'urto parandosi con le mani. Un altro elemento sottolineato è il mancato utilizzo della cintura di sicurezza anche se la regola che prevede l'uso di indossarla anche ai passeggeri che viaggiano nei sedili posteriori, di fatto, è disapplicata da tutti.
Ragionamento che, però, sul piano giuridico è ininfluente. Neppure gli altri due feriti la indossavano. L'ingegnere Torrisi spiega che "se i tre passeggeri avessero rispettato le norme del codice della strada (indossando la cintura di sicurezza) il sinistro non sarebbe avvenuto o avrebbe avuto esiti diversi". In sostanza, secondo il consulente del pm, probabilmente Terrosi sarebbe rimasto vivo e gli altri due passeggeri, con cui avevano trascorso insieme la serata in un locale di San Leone, non sarebbero rimasti feriti.
Sulla condotta di guida dell'indagato, al tempo stesso, la censura è tranciante. "Avrebbe dovuto ridurre drasticamente la velocità nell'affrontare la curva. Pensava di poterla affrontare spostandosi tutto a sinistra ma, a fronte dell'elevata velocità, la vettura sbandava impattando con particolare violenza contro muro e palo".