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Cronaca

Tombe distrutte per costruire il viadotto, ma non vi era nulla di "artistico"

Questo, nel 1971, secondo la "Manfredi" era il parere della Soprintendenza, come emerse in un'indagine curata dalla Squadra mobile contestualmente alle attività di realizzazione del "Morandi"

Il patrimonio archeologico c'era, ma non era di valore. Questo, quindi, non obbligava la ditta a tutelarlo.

E' una storia inedita e che non mancherà di suscitare polemiche quella che emerge da un vecchio, vecchissimo, fascicolo d'indagine della Squadra mobile di Agrigento. Siamo nel 1971, un anno prima erano iniziati gli importanti lavori di costruzione del viadotto "Morandi", tre anni prima il cuore del "Rabato" era crollato, provocando migliaia di sfollati e fortunatamente senza alcun morto.

Gli agenti si recano sui posti, dove già 29 plinti erano stati impiantati nel terreno: le prime tracce di beni archeologici emergevano già al nono plinto.  "Anche sulla superficie di sbancamento – si legge – dei piloni si riscontrano alcune tombe danneggiate o completamente distrutte dagli scavi”. Sarà il direttore dei lavori a spiegare che, se era vero che “durante i lavori erano venute alla luce delle tombe antiche”,  “personale della Sovrintendenza alle Antichità, forse venuto a conoscenza per vie indirette dell’inizio dei lavori, aveva effettuato un sopralluogo al termine del quale aveva fatto presente oralmente” al capocantiere che “poteva continuare i lavori con l’impegno di avvertire prima di iniziare nuovi scavi”.

Obbligo adempiuto, diceva ancora il responsabile dei lavori della ditta "Manfredi", il quale aveva appunto avvisato un assistente della Soprintendenza che, pur riscontrando la presenza di tombe, "dopo un sommario esame, aveva autorizzato la ditta nella prosecuzione dei lavori, non avendo trovato alcunché di artistico o di interessante dal punto di vista archeologico”. Le ispezioni si erano ripetute successivamente continuando a non rilevare “oggetti di interesse artistico”, consentendo così di continuare le attività. Questo non evitò alla Polizia comunque di aprire un fascicolo con l’ipotesi di reato di distruzione di patrimonio archeologico. 

Fatti che, riguardati oggi, con la sensibilià oggi esistente e alla luce delle correnti di pensiero che vorrebbero il viadotto abbattuto per ripristinare al danno già arrecato, hanno certamente un valore tutto loro.

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