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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Morti dopo trasfusione da sangue infetto", doppia condanna per il ministero

Due pazienti erano deceduti per avere contratto il virus dell'epetatite C, poi evoluto in altre malattie

Doppia condanna del ministero della Salute, ritenuto responsabile di omicidio colposo, a maxi risarcimento in favori degli eredi di due soggetti deceduti per trasfusioni di sangue infetto.

Una prima sentenza di condanna è stata emessa ieri dal Tribunale di Caltanissetta, in favore del marito di una donna di Enna che nel marzo del 1973 era stata ricoverata, in corso di gravidanza al settimo mese, all’ospedale “Umberto I” di Enna, dove, per una complicanza, veniva sottoposta a terapia trasfusionale con delle sacche di sangue rivelatesi infette dal virus dell'epatite C. 

La donna, nel 2007, scopriva di essere positiva al virus e nel 2016, dopo che la malattia si era trasformata in cirrosi epatica, è morta. 

Il marito, quindi, con l’assistenza degli avvocati Angelo Farruggia, Annalisa Russello e Luca Dalù, ha intrapreso una causa civile contro il ministero della Salute, ritenuto responsabile di non avere adeguatamente assolto il compito istituzionale di vigilare sulla raccolta e sulla distribuzione del sangue e degli emoderivati da destinare alle trasfusioni.

Il ministero della Salute, assistito dall’Avvocatura di Stato, si è difeso sostenendo che "in capo allo stesso non poteva riconoscersi alcuna colpa nella causazione del danno, in quanto all’epoca della trasfusione, effettuata nel 1973, il virus dell’epatite C non era  stato ancora classificato". Il Tribunale di Caltanissetta, accogliendo la diversa tesi sostenuta dai legali dei danneggiato, ha condannato il ministero della Salute a risarcire al marito la somma di € 732.000.

Analogo l’epilogo di una parallela causa promossa dalle due figlie di un uomo di Trapani, anch’esso contagiato dal virus dell’epatite C, in occasione di trasfusioni di sangue cui era stato sottoposto all’ospedale “Civico” di Palermo, nel lontano 1985 e che, dopo la scoperta, avvenuta nel 1993, di essere stato contagiato dal virus, è morto nel 2006 per tumore al fegato. 

In particolare, in primo grado, il tribunale di Palermo, nel 2013, aveva liquidato alle due figlie un risarcimento complessivo di 340.000 euro. Avverso la predetta sentenza, il ministero della Salute, con l’Avvocatura di Stato, aveva proposto appello, sostenendo che nulla doveva agli eredi. Le due figlie, entrambe di Trapani, con l’assistenza degli avvocati Angelo Farruggia, Annalisa Russello e Jhon Licausi, non solo si sono difesi in appello, ma a loro volta hanno impugnato la sentenza del Tribunale, sostenendo che la liquidazione era troppo bassa.

Con sentenza di oggi, la Corte di appello di Palermo, accogliendo la tesi sostenuta dall’avvocato Angelo Farruggia, secondo cui il Tribunale aveva errato in sede di liquidazione del danno, in quanto non aveva applicato le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, ha aumentato il risarcimento da circa 340.000,00 fino a 788.000,00.

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