Morte di Chiara La Mendola, La Russa in aula: "Abbiamo solo sostenuto la famiglia"
L'ex deputato, suocero dell'ex sindaco Marco Zambuto, nega il tentativo di rabbonire i parenti: "Si è trattato di atti di generosità"
“Ignazio La Mendola nella mia famiglia veniva trattato come un figlio, lo abbiamo aiutato dopo la tragedia perché era in una situazione drammatica e non perché temevamo una sua rappresaglia visto che, peraltro, è una persona di una bontà estrema”.
L’ex deputato Angelo La Russa, suocero dell’ex sindaco di Agrigento Marco Zambuto, ha risposto così alle dichiarazioni fatte in una delle ultime udienze dal fratello della povera Chiara, morta a 24 anni in un incidente stradale nel viale Cavaleri Magazzeni il 30 dicembre del 2013 dopo avere perso il controllo del suo scooter – sembrerebbe – a causa di una buca.
Secondo quanto aveva riferito il fratello della ragazza (parte civile con l’assistenza dell’avvocato Salvatore Pennica, i genitori sono assistiti da Giuseppe Arnone), dopo l’ondata di indignazione popolare suscitata nell’immediatezza dall’individuazione della buca come possibile causa dell’incidente mortale, Zambuto si era attivato per rabbonire la famiglia. “È vero che diedi dei soldi a Ignazio La Mendola, nella camera mortuaria, poche ore dopo la morte di Chiara ma lo feci per aiutare un uomo in difficoltà”.
Il suocero dell’ex sindaco ha smentito che l’interesse della sua famiglia fosse connesso agli interessi elettorali del genero Marco Zambuto che, qualche mese più tardi, si candidò alle elezioni europee. “Fece solo il suo dovere di sindaco - ha detto - tentando di trovare un lavoro al fratello minore e facendo stipulare un contratto alla moglie di Ignazio che collaborò durante la campagna elettorale all’imbustatura delle lettere”.
Sul banco degli imputati, per l’accusa di omicidio colposo, siedono il dirigente dell’Utc Giuseppe Principato e il funzionario Gaspare Triassi ai quali si contesta di non avere eliminato il pericolo. Si torna in aula il 4 dicembre.
