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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Morta una settimana dopo le dimissioni dall'ospedale, cinque medici dal gup

Sono accusati di non avere diagnosticato una malattia provocando la morte di una donna di 53 anni

Visita psichiatrica, codice verde e semplice trasfusione al posto di una terapia per una malattia che riduce il flusso del sangue. La donna, Giuseppina Scicolone, 53 anni, secondo il gip che ne ha disposto l’imputazione coatta, decidendo di mandarla a processo contrariamente alla Procura che chiedeva l’archiviazione dell’inchiesta, si poteva salvare o, almeno, la questione va approfondita. I sintomi riferiti ai medici dell’ospedale erano evidenti e portavano alla diagnosi di granulomatosi di Wegener. Sarebbe stato sufficiente, sempre secondo le imputazioni, iniziare un trattamento per avere “una remissione totale” e, invece, la donna venne mandata in psichiatria perché si pensava che soffrisse di una malattia immaginaria. Cinque medici dell’ospedale San Giovanni di Dio, adesso, rischiano un rinvio a giudizio per l’accusa di omicidio colposo. Si tratta di Antonio Granata, 62 anni; Rosalia Viviana Scarfia, 38 anni; Monica Insalaco, 37 anni; Vittoria De Santis, 54 anni, e Mario Moscato, 47 anni. Granata è il dirigente del reparto di Nefrologia, Scarfia e Insalaco sono medici in servizio nella stessa divisione. De Santis e Moscato, invece, all’epoca dei fatti, il 10 aprile del 2013, erano in servizio al pronto soccorso. Ieri mattina è iniziata l’udienza preliminare davanti al giudice Alessandra Vella. L’avvocato Giuseppe Scozzari, che compone il collegio difensivo insieme alla collega Giusy Katiuscia Amato, ha chiesto un rinvio per valutare la strategia difensiva alla luce di una consulenza tecnica in corso di completamento. Il giudice l’ha concesso aggiornando l’udienza all’11 aprile. 

Il 4 aprile, quando la cinquantenne si presentò in ospedale, venne disposta soltanto una trasfusione e, addirittura, una visita psichiatrica perché si ritenne che soffrisse di “alterazione psicologica da malattia immaginaria”. La donna, addirittura, anziché venire curata fu dimessa. Ai medici del pronto soccorso viene contestato di avere sottovalutato i gravi sintomi e averla qualificata come semplice “codice verde”, previsto per casi di lievissima entità che non richiedono alcuna urgenza, nonostante avesse perdite ematiche dalla bocca “non ponendo in essere nessuna adeguata malattia”. La donna, sei giorni dopo le dimissioni, morì. 

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