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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

"Minaccia procuratore aggiunto di farlo saltare in aria col tritolo", condannato 40enne

Un anno di reclusione a Fabio Bellanca, riconosciuto colpevole di avere intimidito il magistrato Salvatore Vella che aveva incontrato casualmente al centro commerciale

"A chistu pubblico ministero l'ama fari santari in aria col tritolo". Fabio Bellanca, 40 anni, di Joppolo Giancaxio, arrestato nell'agosto del 2018 con l'accusa di estorsione ai danni di una donna, è stato condannato a un anno di reclusione per l'accusa di minaccia nei confronti del procuratore di Agrigento, Salvatore Vella.

L'episodio risale al 17 luglio del 2018. Bellanca incontrò casualmente Vella che stava pranzando al centro commerciale insieme a una collaboratrice nell’attesa di rientrare all’ufficio dopo la pausa. L'uomo, secondo la ricostruzione dell'episodio, riconoscendo il numero due della Procura di Agrigento, si è avvicinato per minacciarlo.

Vella, che per un lungo periodo, negli anni scorsi, fu sotto scorta dopo avere subito intimidazioni esplicite da ambienti mafiosi, collegati alla sua attività di pm della Dda, dal 2013 non ha alcun tipo di tutela o protezione. Quel giorno, quindi, dopo l’aggressione verbale da parte del trentasettenne a lui sconosciuto, decise di chiamare i carabinieri che arrivarono nel giro di pochi minuti, visto peraltro che la caserma della frazione di Villaseta è poco distante dal centro commerciale, e identificarono Bellanca che in quel periodo era sotto indagine da parte della Procura di Termini Imerese per avere estorto dei soldi, circa 37mila euro in più riprese attraverso versamenti postepay, a una donna. 

La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico del tribunale di Caltanissetta che ha accolto interamente la richiesta del pubblico ministero Stefano Sallicano a cui si è associata l'avvocato Daniela Posante che difendeva Vella nella qualità di parte civile.

I difensori di Bellanca, gli avvocati Daniele Re e Giulia Cristodaro, avevano, invece, chiesto l'assoluzione sostenendo che si era trattato di un equivoco e che le parole dell'imputato, che si trova in carcere dopo la condanna a 5 anni per l'estorsione alla donna, non fossero indirizzate al magistrato.

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