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Cronaca

Migranti torturati a morte in una prigione libica, chiesti due ergastoli e una condanna a 30 anni

I fermi erano scattati dopo i racconti dei superstiti, il pm della Dda: "Sevizie da orrore"

Torturati con bastonate in testa, corpi incendiati con la benzina e cadaveri gettati nell'immondizia: il racconto del pubblico ministero Renza Cescon, che per tutta la mattinata ha illustrato la sua requisitoria, è un film dell’orrore. Alcuni sopravvissuti al sequestro e alle sevizie hanno raccontato tutto alla polizia che, due anni e mezzo fa, ha fatto scattare gli arresti.

Per i tre imputati: Godwin Nnodum, 43 anni, Bright Oghiator, 30 anni e Goodness Uzor, 26 anni la richiesta di pena è altissima. Ergastolo per Nnodum e Uzor e 30 anni per Oghiator. L’indagine nasce da uno sbarco a Lampedusa, avvenuto nell'aprile del 2017. I superstiti decidono di raccontare tutto e indicare nomi, cognomi e volti dei loro aguzzini torturatori che erano sbarcati insieme a loro. 

“Il luogo delle torture - ha ricostruito il pm - è un’ex base militare, la chiamano tutti la «casa bianca» per il colore dei muri. Si trova a Sabratha, uno dei porti clandestini d’imbarco dalla Libia verso l’occidente, circa 70 chilometri a ovest di Tripoli e meno di 100 dal confine con la Tunisia. I migranti vengono rinchiusi in questo casermone, costretti a subire per mesi la crudeltà dei trafficanti di essere umani”. 

Migranti sequestrati, picchiati e torturati fino alla morte. I più fortunati riuscivano ad arrivare con gravi ferite o menomazioni. Una di loro, 25 anni e un volto pieno di sofferenze e tumefazioni, è stata ascoltata all'udienza precedente al dibattimento, in corso davanti alla Corte di assise presieduta da Wilma Angela Mazzara con a latere Giuseppe Miceli, e ha riconosciuto i tre imputati dentro la cella dell’aula 16 del tribunale. Il processo è arrivato agli sgoccioli. Dopo la requisitoria del pm, ci sono state le arringhe di parte civile degli avvocati Daniela Cipolla, Rossella Galluzzo, Michela Manente e Vanila Amoroso che difendono alcuni dei migranti oggetto di torture e l’associazione “On the road”. Il 15 novembre toccherà agli avvocati Diego Giarratana e Gloria Sedita illustrare le proprie arringhe difensive. 

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