"Sequestravano e torturavano i migranti in partenza dalla Libia": fermati 3 bengalesi e 2 sudanesi
L'inchiesta ha accertato come, ancora una volta, i profughi dopo aver versato nel loro paese d’origine le quote necessarie per il loro trasferimento, venivano reclusi all’interno di centri fino al pagamento di ulteriori somme per il successivo viaggio
Tre bengalesi e due sudanesi sono stati fermati, dalla polizia, perché indiziati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata, tortura e sequestro di persona a scopo di estorsione. I fermi della Dda, fatti martedì scorso, sono stati convalidati, venerdì, dal gip del tribunale di Palermo che ha disposto la misura cautelare in carcere per i 5 indagati. Nel corso dell'esecuzione dei fermi sono stati sequestrati anche tre smartphone che dovranno adesso essere analizzati.
L’indagine è stata avviata dalla polizia, coordinata dalla Procura di Palermo, dopo i due sbarchi avvenuti a Lampedusa lo scorso 26 dicembre. Subito dopo gli approdi sono state acquisite informazioni in merito al traffico di esseri umani, in prevalenza di origine bengalese, dalle coste libiche fino ai confini nazionali. Alcuni migranti avrebbero denunciato le violenze subite nelle "safehouse" libiche per tutto il tempo della loro permanenza all’interno del "compound" e fino a poco prima della partenza verso la Sicilia. I poliziotti hanno appreso dalle vittime che, dopo aver versato nel loro paese d’origine le quote necessarie per il trasferimento in Libia, venivano recluse all’interno dei centri fino al pagamento di un’ulteriore quota per il successivo trasbordo.
In tale contesto investigativo, in cui si è delineato un network criminale di natura internazionale, sono stati identificati i cinque indagati giunti a Lampedusa lo scorso 26 dicembre insieme alle loro vittime.
