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Cronaca Cattolica Eraclea

"Marmista massacrato e ucciso per una rapina", pm chiede ergastolo per l'imputato

Secondo il magistrato della Procura sarebbe stato Gaetano Sciortino a uccidere Giuseppe Miceli con degli arnesi del suo laboratorio. Decisiva un'impronta di scarpa

Massacrato e ucciso con gli arnesi del suo stesso laboratorio per una rapina: non ci sono dubbi, secondo il pubblico ministero Gloria Andreoli, sul fatto che sia stato l'imputato, ovvero l'operaio cinquantacinquenne Gaetano Sciortino, a uccidere il marmista Giuseppe Miceli, massacrato nel suo laboratorio nella notte fra il 7 e l'8 dicembre del 2015. 

Il magistrato della Procura, al termine di un dibattimento lungo e complesso, integrato dalla Corte di assise con altri accertamenti tecnici, ha chiesto l'ergastolo per l'unico imputato che sarebbe stato tradito da due prove: un video, dalla qualità non eccelsa, che proverebbe il pedinamento con l'auto nei confronti della vittima nelle ore precedenti l'omicidio, e una scarpa.

"Nel luogo dell'omicidio - ha detto il pm nella requisitoria - è stata trovata un'impronta di una scarpa compatibile con quella recuperata in una scarpata che l'imputato, secondo quanto emerge dalle indagini e dalle intercettazioni, ha cercato di fare sparire". 

Un altro elemento che ha indirizzato gli inquirenti su Sciortino è stato il presunto furto di alcune viti di trapano che i figli dell'imputato, secondo quanto si sente da una microspia posizionata nell'auto, hanno cercato di disperdere dandogli fuoco. Sfugge l'esatto movente che, comunque, secondo il pm è da ricondurre a una rapina. "La vittima - ha aggiunto il pm - era solita tenere alcune decine di euro in tasca e non aveva nulla quando è stato trovato il cadavere. I cassetti, inoltre, dopo l'omicidio sono stati aperti e l'assassino ha rovistato all'interno".

Il marmista sessantasettenne è stato massacrato con un'acquasantiera di marmo e, parrebbe, sarebbe stato colpito al volto pure con un'autoclave. Nel laboratorio non ci sono tracce biologiche dell'imputato. L'indagine ha puntato su di lui dopo una serie di piste investigative rivelatesi infondate.

La Corte di assise presieduta da Wilma Angela Mazzara, dopo la requisitoria, ha rinviato l'udienza al 17 dicembre per l'inizio delle arringhe difensive. Prima toccherà ai legali di parte civile Antonino Gaziano e Salvatore Di Caro e poi a quelli dell'imputato, gli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello.

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