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Giovedì, 25 Aprile 2024
"Il caso Antonuccio"

"Fuga di notizie sull'arresto di un maresciallo": i vertici dell'Arma rischiano il processo

La procura chiede il rinvio a giudizio del comandante provinciale Vittorio Stingo, del capitano Augusto Petrocchi, a capo della Compagnia di Licata, e del tenente Carmelo Caccetta: scambiandosi informazioni, "riferite lecitamente" dal procuratore di Palermo e dal comandante dell'Anticrimine avrebbero messo a rischio l'operazione del Ros che indagava sul giro di tangenti. La difesa: "Contestazioni insussistenti"

Uno scambio di notizie, tutto interno all'Arma dei carabinieri e finalizzato al trasferimento di un collega che da lì a poco sarebbe stato arrestato, che ha rischiato di compromettere l'esito di un'operazione del Ros. I vertici dell'Arma dei carabinieri di Agrigento rischiano adesso di finire a processo per l'accusa di rivelazione di segreto di ufficio.

Il procuratore reggente Salvatore Vella e il pubblico ministero Maria Barbara Cifalinò hanno chiesto il rinvio a giudizio del colonnello Vittorio Stingo, comandante provinciale dei carabinieri; del capitano Augusto Petrocchi, a capo della Compagnia di Licata e del tenente Carmelo Caccetta, comandante del nucleo operativo radiomobile della stessa Compagnia. Nei prossimi giorni sarà fissata l'udienza preliminare. 

I primi passi della vicenda risalgono al giugno di due anni fa: l'allora procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, adesso a capo dei pm di Roma, comunica - "lecitamente", come sottolinea l'atto di accusa dei pm agrigentini - a Stingo che il Ros di Palermo aveva in corso un'attività di indagine che coinvolgeva alcuni suoi uomini e, in particolare, alcuni carabinieri della Compagnia di Licata. 

Da settembre dello stesso anno e fino al giugno successivo, sempre in maniera legittima, secondo la ricostruzione della procura di Agrigento, un alto ufficiale dell'Anticrimine aggiorna Stingo, evidentemente per ragioni istituzionali, degli sviluppi della vicenda comunicandogli che il militare indagato era il luogotenente Gianfranco Antonuccio, in servizio alla Compagnia di Licata, che da lì a breve fu arrestato con l'accusa di avere chiesto tangenti in cambio di favori e coperture. L'ufficiale lo informò degli sviluppi dell'indagine e della possibilità di una misura cautelare.

A quel punto Stingo "violando i doveri inerenti le funzioni - è l'atto di accusa dei pm - rivela le circostanze al sottoposto capitano Petrocchi al fine di avviare una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale di Antonuccio". In questo modo, secondo il procuratore Vella e il pm Cifalinò, "mettendo concretamente a rischio il buon esito dell'attività di indagine".

A quel punto Petrocchi avrebbe, quindi, riferito a Caccetta e a un altro sottotenente le informazioni apprese da Stingo sempre per le stesse finalità ovvero far trasferire la "mela marcia" della Compagnia. Il tutto, però, "prima che venisse arrestato o fosse nota la sua condizione di indagato".

Caccetta, infine, avrebbe rivelato quanto appreso da Petrocchi a un luogotenente che lavorava con Antonuccio al fine di metterlo in guardia e tenersi distante. Condotta che, secondo la procura, avrebbe rischiato di compromettere l'indagine che il 4 luglio scorso ha portato all'arresto di Antonuccio.

"Il collegio difensivo - interviene l'avvocato Salvatore Pennica, legale di Stingo e Petrocchi - sa che il valore degli uomini si misura nelle battaglie e siamo orgogliosi di difendere l'onore ed prestigio di due eccellenti ufficiali convinti della inconsistenza della contestazione. Trenta anni fa un generale servendo lo Stato divenne indagato. Ai soldati migliori le battaglie più difficili. Il resto è storia anche recente". 

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