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Mafia Racalmuto

Affari con i boss per fare crescere le sue imprese? Nuove prova prima della sentenza

Dopo la requisitoria del pg che aveva chiesto la condanna a 6 anni e 6 mesi, la difesa dell'imprenditore Calogero Romano ottiene di sentire un perito per fare luce su alcuni aspetti

La Corte di appello, sollecitata dalla difesa dell'imputato, ritiene "indispensabile ai fini della decisione" sentire ancora il perito per fare luce su alcuni aspetti patrimoniali ritenuti decisivi. 

La conclusione del processo a carico dell'imprenditore Calogero Romano, 65 anni, di Racalmuto, condannato in primo grado a 6 anni e 6 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, slitta ancora. All'udienza precedente il sostituto procuratore generale di Palermo, Rita Fulantelli, aveva chiesto la conferma del verdetto ritenendo che gli accertamenti patrimoniali disposti nel processo di appello avessero confermato la responsabilità dell'imputato.

I giudici di appello, nel corso del procedimento, hanno incaricato il commercialista Alessandro Polizzotto di esaminare “l’intera posizione bancaria diretta e indiretta, debitoria e creditoria nonché le dichiarazioni dei redditi, i bilanci, le scritture contabili e lo sviluppo imprenditoriale, fino al marzo del 2016, delle società a lui riconducibili”.

L'esame degli atti si è rivelato particolarmente complesso tanto da richiedere una proroga di diversi mesi per depositare la relazione. 

L'imprenditore, in particolare, è stato riconosciuto colpevole di avere stretto accordi con i boss del paese Maurizio Di Gati e Ignazio Gagliardo che, in cambio di soldi e svariati favori, avrebbero protetto e garantito le sue imprese. Un accordo che l'imputato e i difensori, gli avvocati Salvatore Pennica e Roberto Mangano, hanno sempre negato sostenendo, anzi, che Romano fosse stato una vittima della mafia. Gli stessi legali, infine, hanno insistito per ulteriori accertamenti patrimoniali che saranno discussi all'udienza del 10 marzo. 

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