Botta e risposta fra Quaranta e Fanara: "Era il boss". La replica: "Mi accusa per astio"
Il sessantunenne favarese viene tirato in ballo dal collaboratore di giustizia che lo accusa di avergli commissionato un'estorsione di 10mila euro "a un ragioniere che aveva uno stabilimento di calcestruzzo al Villaggio Mosè". Deposizione interrotta per rischio Covid
"Presidente, ho appena ricevuto un sms da una persona che lavora nel mio ufficio, un suo familiare è risultato positivo al Coronavirus". E' stata interrotta, dopo una comunicazione al microfono del sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno, per il rischio di contagio del Covid-19, l'affollata udienza del processo di appello scaturito dalla maxi inchiesta "Montagna" che ha fatto finire in carcere decine di affiliati e capimafia di un ampio versante della provincia di Agrigento.
Nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo era presente, videocollegato da un sito riservato, il collaboratore di giustizia, che ha deciso di parlare con gli inquirenti, proprio in seguito all'arresto nel blitz, scattato il 22 gennaio del 2018. Quaranta aveva iniziato la sua deposizione tirando in ballo alcuni dei 45 imputati del processo di appello (in primo grado 35 condannati e 10 assolti) quando il magistrato ha comunicato ai giudici del rischio di Covid e della necessità di sottoporsi ai controlli delle persone a rischio in quanto venute a contatto con i positivi. La Corte non ha potuto fare altro che interrompere l'udienza. Il collaboratore è stato prelevato dal servizio centrale di protezione e le altre parti - decine di avvocati e imputati - hanno lasciato l'aula.
Prima del "colpo di scena", Quaranta aveva tirato in ballo alcuni imputati e, in particolare, Pasquale Fanara che, in primo grado, è stato assolto tornando libero dopo un anno e mezzo di carcere. "Ha sempre avuto un ruolo direttivo nella famiglia mafiosa di Favara". Il pentito rivela poi un episodio inedito. "Mi commissionò un'estorsione, a un ragioniere che aveva uno stabilimento di calcestruzzo al Villaggio Mosè. Gli chiesi 10.000 euro di pizzo".
Fanara - che in questo processo ha rimediato l'assoluzione dopo una precedente condanna a 6 anni per mafia nel processo Akragas e una prima assoluzione per il tentato omicidio del bidello Salvatore Salemi - ha chiesto di prendere la parola per rilasciare spontanee dichiarazioni. "Ho sempre schifato questa persona - attacca - che adesso mi accusa di cose false solo per astio. Non c'entro nulla con questa storia, dice falsità".
Quaranta ha parlato pure del quarantatreenne di Santa Elisabetta, Roberto Lampasona, assolto in primo grado al processo "Montagna" e finito in carcere l'ennesima volta due mesi fa, con l'accusa di avere messo a segno un omicidio a Raffadali, uccidendo - su mandato del figlio della vittima - il pensionato Pasquale Mangione, la cui colpa sarebbe stata quella di molestare donne sposate in paese.
"Faceva parte della famiglia mafiosa di Santa Elisabetta - rivela -, lo conosco perchè insieme abbiamo organizzato dei traffici di droga, dei furti di bestiame e gestito alcune estorsioni". Su Angelo Giambrone, 36enne di Cammarata, assolto in primo grado, spiega: "Era avvicinato nel senso che era sempre al fianco del padre (Calogerino, presunto boss morto in cella dopo l'arresto) ma non credo sapesse degli affari della famiglia mafiosa".
L'audizione del pentito, infine, è stata interrotta e rinviata al 2 dicembre per esaminare le altre posizioni e rispondere alle domande del pg e dei difensori: nell'aula bunker del Pagliarelli, fra gli altri, a interrogare il pentito c'erano gli avvocati Antonino Gaziano, Giovanni Castronovo, Giuseppe Barba, Angela Porcello, Maria Alba Nicotra, Angelo Nicotra e Giovanni Rizzuti. Tanti gli argomenti ancora da trattare.