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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia Palma di Montechiaro

Mafia, confisca di beni e sorveglianza speciale per il boss Ribisi

Provvedimento del tribunale sezione misure di prevenzione per il 35enne: sigilli a conti correnti e stop all'attività commerciale ma alcuni appartamenti restano suoi

Confisca dei beni e sorveglianza speciale: i giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di Agrigento mettoni i sigilli a tre conti correnti e un libretto riconducibili al boss di Palma di Montechiaro, Francesco Ribisi, 35 anni, gli sospendono la licenza del bar di San Leone ma rigettano la richiesta di estrometterlo dalla proprietà di tre appartamenti, alcuni appezzamenti di terreno e due ditte individuali.

I giudici della prima sezione penale presieduta da Luisa Turco, con a latere Agata Anna Genna e Gianfranca Claudia Infantino, ieri, a distanza di tre mesi dall’udienza, hanno sciolto la riserva sul caso depositando il provvedimento che potrà, adesso, essere impugnato sia dalla difesa (Ribisi è assistito dagli avvocati Daniela Posante e Valerio Vianello, la madre che figura nel procedimento perché intestataria di alcuni rapporti bancari dal legale Giuseppe Barba) che dalla Procura per la parte di richieste che è stata rigettata. Ribisi, appartenente alla storica famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro, è una delle figure di maggiore spessore della maxi inchiesta “Nuova Cupola”, eseguita da squadra mobile e commissariato di Porto Empedocle il 26 giugno del 2012. Da allora il palmese è detenuto in regime di 41 bis. 

Poco più di un anno fa la Direzione distrettuale antimafia, al termine di una complessa indagine svolta dalla Guardia di Finanza, aveva chiesto ai giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di sequestrare un complesso di beni ritenuti riconducibili a Francesco Ribisi e, secondo gli inquirenti, provento della sua attività criminale. Nella lista dei beni tre appartamenti, alcuni conti correnti e due attività imprenditoriali intestate anche a familiari. 

Il collegio di giudici presieduto da Giuseppe Melisenda Giambertoni aveva rigettato quasi integralmente la richiesta che è stata accolta solo per un conto corrente intestato alla madre, che risulterebbe anche come garante per il rilascio di alcune fideiussioni legate ad attività commerciali. L’intera richiesta, in seguito, è stata discussa in un procedimento in contraddittorio fra le parti al termine dove si doveva decidere sulla confisca, vale a dire la definitiva acquisizione dei beni da parte dello Stato. Il tribunale ha confermo il no alla gran parte delle richieste. Tuttavia sono stati confiscati “gli eventuali saldi” di tre conti correnti e un libretto ed è stata sospesa l’autorizzazione amministrativa per il bar Azzurro di San Leone che Ribisi gestiva fino al giorno dell’arresto e da allora è rimasto chiuso. Accolta, invece, la richiesta di sorveglianza speciale per la durata massima di cinque anni.

Ribisi, quando tornerà libero, e sempre se il provvedimento nei successivi due gradi non dovesse essere rivisto, sarà sottoposto alle classiche prescrizioni (fra cui l’obbligo di dimora, il divieto di uscire da casa la sera e di frequentare pregiudicati) previste per le persone ritenute “socialmente pericolose”. 

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