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Mafia

"Ha fatto da talpa all'avvocato-boss e al compagno", confermato arresto ispettore di polizia

Il tribunale della libertà rigetta l'istanza di riesame della difesa di Filippo Pitruzzella, altri quattro indagati dell'inchiesta "Xydi" restano in carcere

Ricorso rigettato: la difesa aveva chiesto di annullare l'ordinanza cautelare nei confronti dell'ispettore di polizia Filippo Pitruzzella, fino a poche settimane fa in servizio al commissariato di Canicattì, finito prima in carcere e poi ai domiciliari, nell'ambito dell'operazione "Xydi" che ha bloccato sul nascere la riorganizzazione del mandamento di Canicattì e stretto il cerchio attorno al superlatitante Matteo Messina Denaro.

Pitruzzella è ritenuto la talpa dell'avvocato-boss Angela Porcello e del compagno mafioso Giancarlo Buggea. Tesi ribaltata dalla difesa, affidata agli avvocati Antonino Gaziano e Salvatore Manganello, secondo cui, in realtà, Pitruzzella li "usava" per cercare di acquisire da loro informazioni dato che riteneva che potessero fornire tracce importanti che portavano a Matteo Messina Denaro.

Lo hanno sostenuto, al tribunale del riesame chiedendo l'annullamento dell'ordinanza del gip di Palermo, Lirio Conti, che gli applicava gli arresti domiciliari per l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Provvedimento restrittivo che, invece, è stato confermato. Una contiguità, sostiene l'accusa, che si sarebbe spinta al punto di provvedere alla stesura di relazioni di servizio, ispirate dallo stesso avvocato Porcello, di natura del tutto strumentale, contro il clan rivale dei Chiazza.

Secondo i difensori, Pitruzzella coltivava rapporti con Buggea e l'avvocato "consigliori" del mandamento al solo fine di sviluppare alcuni elementi investigativi che, in maniera autonoma, stava seguendo per catturare Matteo Messina Denaro: alcuni parenti e persone a lui vicine, infatti, sarebbero entrati in contatto con Buggea.  

Restano pure in carcere i presunti mafiosi favaresi Gregorio Lombardo e Giuseppe Sicilia. Secondo i difensori, gli avvocati Giuseppe Barba e Giovanni Castronovo, non vi sono elementi dai quali desumere il loro supporto all'organizzazione mafiosa. "Gli unici incontri con Buggea - è stata la tesi difensiva - sono da ricondurre a incontri professionali con l'avvocato Porcello, Sicilia cerca pure di sviare il discorso quando Buggea parrebbe coinvolgerlo in dinamiche interne alla consorteria". 

Anche in questo caso, almeno per il momento, il quadro indiziario è stato ritenuto solido. Al riesame sono approdati pure i ricorsi per decidere sulle posizioni di Calogero Di Caro, 76 anni, già condannato per mafia e accusato di essere il nuovo capo del mandamento di Canicattì; Antonino Chiazza, 51 anni, di Canicattì, ritenuto un personaggio di spicco della stidda; Santo Gioacchino Rinallo, 61 anni, killer della stidda condannato all'ergastolo che si sarebbe rimesso all'opera nel 2017, dopo avere ottenuto la semilibertà; Pietro Fazio, 48 anni, di Canicattì, presunto affiliato dello stesso clan e il poliziotto Giuseppe D'Andrea, 49 anni, anche lui in servizio al commissariato di Canicattì, finito prima in carcere e poi ai domiciliari per l'accusa, estranea al contesto mafioso, di rivelazione di segreto di ufficio e accesso abusivo a sistema informatico.

L'istanza di riesame per Chiazza e Rinallo (difesi dall'avvocato Giovanni Lo Monaco) è stata rigettata e restano, quindi, in carcere. Nelle prossime ore si attende l'esito degli altri ricorsi con cui i difensori (gli avvocati Daniela Posante, Antonella Arcieri, Calogero Meli e Giacinto Paci) hanno chiesto ai giudici del tribunale del riesame di annullare l'ordinanza del gip di Palermo. 

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