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Mafia, traffico di droga e legami con la politica: 20 condanne ridotte, 14 confermate e 11 assoluzioni

Il verdetto dei giudici della Corte di appello al processo scaturito dall'operazione "Montagna". Il presunto boss Francesco Fragapane è stato scagionato dall'accusa di tentata estorsione e la pena è stata diminuita a 14 anni. Prosciolto il cugino Raffaele Salvatore Fragapane al quale in primo grado sono stati inflitti 10 anni e 8 mesi

Venti condanne ridotte, quattordici confermate e undici assoluzioni. I giudici della seconda sezione penale della Corte d’appello di Palermo hanno ampiamente riformato il verdetto, emesso il 25 luglio di due anni fa dal gup Marco Gaeta, che aveva deciso, in tutto, 35 condanne e 19 assoluzioni nell'ambito della maxi inchiesta Montagna che ha disarticolato, con il blitz del 22 gennaio del 2018, il nuovo mandamento mafioso.

Il personaggio principale dell'inchiesta è il quarantunenne Francesco Fragapane, figlio del boss ergastolano ed ex capo provinciale di Cosa Nostra Salvatore Fragapane, ritenuto il capo e promotore del nuovo mandamento della Montagna: i giudici di secondo grado lo hanno condannato a 14 anni, riducendo la pena a venti anni di reclusione inflittagli in primo grado per effetto dell'esclusione dell'aggravante del riciclaggio e della singola assoluzione dall'accusa di estorsione ai danni di un'impresa di Prizzi.

Altri sconti di pena pure nei confronti di Giuseppe Luciano Spoto, considerato boss di Bivona, e Giuseppe Nugara, ritenuto al vertice della famiglia mafiosa di San Biagio Platani (entrambi condannati a 16 anni dopo che in primo grado gli erano stati inflitti quasi venti anni). Ridotta a 13 anni e 4 mesi (dopo una condanna a 17 anni in primo grado) la pena inflitta al vecchio boss di Sciacca, Totò Di Gangi. 

Ecco il dettaglio delle condanne decise in appello: Francesco Fragapane (14 anni); Giuseppe Quaranta (7 anni, 6 mesi e venti giorni); Luciano Giuseppe Spoto (16 anni); Giuseppe Nugara (16 anni); Salvatore Di Gangi (13 anni e 4 mesi); Vincenzo Mangiapane, classe 1955 (11 anni); Calogero Limblici (10 anni e 4 mesi); Antonino Vizzì (10 anni e 8 mesi); Vincenzo Cipolla (10 anni e 8 mesi); Massimo Spoto (11 anni); Raffaele La Rosa (10 anni e 8 mesi); Giuseppe Vella (10 anni); Calogero Sedita (8 anni e 8 mesi); Angelo Di Giovanni (8 anni); Luigi Pullara (8 anni); Daniele Fragapane (6 anni); Stefano Valenti (6 anni); Gerlando Valenti (6 anni); Antonio Licata (3 anni e 8 mesi); Calogero Quaranta (4 anni e 13 giorni); Calogero Maglio ( 4 anni e 8 mesi); Antonio Domenico Cordaro (10 anni e 50 mila euro multa); Franco D’Ugo (4 anni e 4 mesi e 5 mila euro multa); Santo Di Dio (4 anni); Vincenzo Dolce (3 anni); Francesco Maria Drago (1 anno e 8 mesi e mille euro multa); Alessandro Geraci (3 anni); Francesco Giordano (6 anni e 80 mila euro multa); Antonio Maranto (12 anni e 12 mila euro multa); Pietro Paolo Masaracchia  (4 anni e 4 mesi e 5 mila euro di multa); Vincenzo Pilliterri (6 anni e 4 mesi e 14 mila euro multa); Salvatore Puma (6 anni e 20 mila euro multa); Concetto Errigo (4 anni e 4 mila euro di multa); Carmelo Battaglia (4 anni e 4 mila euro).

Questi gli assolti: Adolfo Albanese, Giuseppe Blando, Vincenzo Mangiapane (classe '54), Pasquale Fanara, Roberto Lampasona, Domenico Maniscalco, Angelo Giambrone, Vincenzo Spoto, Raffaele Fragapane, Giovanni Gattuso e Pietro Reina. Quest'ultimo - difeso dagli avvocati Lillo Fiorello e Riccardo Pinella - è un medico al quale si contestava lo scambio elettorale politico-mafioso.

L'unica condanna cancellata rispetto al processo di primo grado è quella a carico del quarantatreenne Raffaele Fragapane (cugino di Francesco) al quale erano stati inflitti 10 anni e 8 mesi di reclusione. I giudici hanno accolto l'appello del difensore - l'avvocato Giuseppe Barba - e hanno cancellato la condanna per associazione mafiosa. 

Fra le assoluzioni confermate, quelle di Albanese (difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo e Simona La Verde) e di Lampasona: nei confronti di quest'ultimo i pm avevano chiesto la condanna a 10 anni e 8 mesi. I difensori - gli avvocati Antonino Gaziano e Salvatore Manganello - avevano sostenuto la totale estraneità alle accuse di mafia che erano state già escluse nel processo "Nuova Cupola". Molte condanne per associazione mafiosa sono state ridotte per effetto dell'esclusione dell'aggravante del riciclaggio. 

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