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Sabato, 20 Aprile 2024
Mafia

Mafia, scatta il blitz "Xydi": il Ros esegue 23 fermi: ci sono anche un avvocato, un ispettore e assistente della polizia

Per 2 anni i capimafia di diverse province siciliane si sono riuniti nello studio di un'avvocata di Canicattì che era la compagna di  un imprenditore già condannato. Il suo studio era stato scelto come base logistica dei clan perché la legge limita le attività investigative negli uffici degli avvocati 

I carabinieri del Ros stanno eseguendo un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo nei confronti di 23 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, tentata estorsione e altri reati aggravati perché commessi con l'obiettivo di agevolare le associazioni mafiose. 

Per eseguire i provvedimenti della Dda, il Ros sta lavorando con il supporto dei militari dell'Arma di Agrigento, Trapani, Caltanissetta, Palermo e del dodicesimo reggimento "Sicilia" dello squadrone eliportato Cacciatori Sicilia e del nono nucleo elicotteri. L'operazione è stata denominata "Xydi". 

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Capimafia e boss della Stidda. L'indagine colpisce le famiglie mafiose agrigentine e trapanesi ed è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo. L'inchiesta riguarda anche un ispettore della polizia Penitenziaria e un assistente capo della polizia di Stato, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti d'ufficio, e un avvocato. 

Studio di avvocato "scelto come base logistica"

Per 2 anni i capimafia di diverse province siciliane si sono riuniti nello studio di un'avvocata di Canicattì finita in cella oggi nel blitz dei carabinieri del Ros. La legale, difensore di diversi mafiosi, era la compagna di  un imprenditore già condannato per associazione mafiosa. Il suo studio era stato scelto come base logistica dei clan perché la legge limita le attività investigative negli uffici degli avvocati. Gli inquirenti hanno accertato che la donna, Angela Porcello, 50 anni, compagna di un mafioso, aveva assunto un ruolo di vertice in Cosa nostra organizzando i summit, svolgendo il ruolo di consigliera, suggeritrice e ispiratrice di molte attività dei clan. Rassicurati dall'avvocato sulla impossibilità di effettuare intercettazioni nel suo studio, i capi dei mandamenti di Canicattì, della famiglia di Ravanusa, Favara e Licata, un ex fedelissimo del boss Bernardo Provenzano di Villabate e il nuovo capo della Stidda si ritrovavano secondo le indagini nello studio, per discutere di affari e vicende legate a Cosa nostra.

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Le centinaia di ore di intercettazione disposte dopo che, nel corso dell'inchiesta, i carabinieri hanno compreso la vera natura degli incontri, hanno consentito agli inquirenti di far luce sugli assetti dei clan, sulle dinamiche interne alle cosche e di coglierne in diretta, dalla viva voce di mafiosi di tutta la Sicilia, storie ed evoluzioni. 

Clan controllavano mercato agroalimentare

La mafia agrigentina controllava e sfruttava - secondo quanto è emerso dall'inchiesta della Dda di Palermo e dei carabinieri del Ros - il settore del commercio di uva e altri prodotti agricoli nella provincia accaparrandosi ingenti risorse economiche che andavano ad alimentare le casse dei clan e limitavano il ricorso ad attività illecite rischiose come il traffico di droga. Nello stesso tempo le cosche presidiavano la principale attività economica del territorio in una provincia saldamente legata al mercato agroalimentare. 

Siciliani e cosche Usa ancora in affari 

Non sono mai cessati gli storici rapporti tra la mafia siciliana e Cosa nostra americana scoperti già negli anni '70 da Giovanni Falcone. Dall'indagine del Ros è emerso che emissari statunitensi della "famiglia" dei Gambino di New York nei mesi scorsi sarebbero andati a Favara per proporre ai clan locali business comuni. 

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