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Giovedì, 25 Aprile 2024
Operazione Kerkent

"Picchiata e spinta a raccontare il falso": ex compagna di un pentito ritratta e accusa

La donna aveva denunciato il boss Antonio Massimino e altri due imputati di averla sequestrata e costretta a subire abusi come rappresaglia per una truffa commessa da Antonino Mangione. "E' stato pagato per mentire, ho detto tante bugie". Proiettato un video di una telefonata fra i due

"Picchiata e costretta a raccontare il falso e denunciare abusi sessuali inesistenti. Antonino Mangione si è inventato tutto, era stato pagato dalla Dia e mi ha spinto a dire il falso perchè sperava di entrare nel programma di protezione". 

L'ex compagna del mancato collaboratore di giustizia conferma la ritrattazione e nega di avere mai subito alcun tipo di abuso. Lo ha fatto nel corso di un'udienza del processo "Kerkent", in cui sono imputati presunti affiliati del clan del boss Antonio Massimino.

La donna ha prima detto che il quarantaduenne di Raffadali, che da tempo ha avviato un'attività di collaborazione con gli inquirenti, senza mai essere stato inserito nel programma di protezione, ha mentito ed è stato pagato per farlo. Poi è andata oltre dicendo che lo stesso avrebbe ammesso di avere raccontato una serie di falsità, relative a questo processo e non solo, di averlo fatto perchè era stato pagato e di avere le prove.

La conferma arriverebbe dalla stessa voce di Mangione che, parlando al telefono con l'ex moglie, avrebbe ammesso ogni cosa. La donna lo ha registrato e il video, oggetto di una perizia, è stato mostrato in aula. La donna racconta di essere andata, su suo incarico, a prendere 100 euro nella scalinata vicino casa. "Ricordi che tu eri ai domiciliari e ci sono andata io da...(fa il nome di un agente della Dia"?). 

Dall'altra parte della cornetta Mangione, che ha problemi di salute e non parla bene, non dà alcuna conferma. In ogni caso la donna ha insistito in aula ribadendo di non avere subito alcun abuso da Massimino. "Mi ha dato solo una carezza e un bacio a stampo". Secondo la sua versione originaria, invece, sarebbe stata palpeggiata e invitata con metodi volgari ad avere rapporti sessuali. Il fatto sarebbe avvenuto in un magazzino. 

La deposizione della donna è stata al centro di un acceso scontro fra l'avvocato Salvatore Pennica, difensore di Gabriele Miccichè (presunto gregario di Massimino che avrebbe avuto un ruolo in questa vicenda per cui Massimino e il commerciante Salvatore Ganci sono stati, comunque, assolti) e i pm della Dda Claudio Camilleri e Alessia Sinatra. 

Gli animi si sono surriscaldati quando il legale ha rievocato il "caso Scarantino". In questo troncone sono imputati in sette. Si tratta di Pasquale Capraro, 30 anni; Angelo Cardella, 50 anni; Francesco Luparello, 50 anni; Saverio Matranga, 44 anni; Gabriele Miccichè, 31 anni; Calogero Trupia, 36 anni e Angelo Iacono Quarantino, 30 anni. 

L'indagine avrebbe accertato il rinnovato ruolo di Antonio Massimino, tornato "operativo" dopo avere scontato la condanna nel processo di mafia "San Calogero". Il capomafia, finito per questi fatti al 41 bis, avrebbe cercato di rimettere in piedi la famiglia mafiosa e il suo giro di affari attraverso un traffico di cocaina gestito non solo in ambito provinciale.

L'episodio descritto dalla donna è stato al centro di un'indagine, svolta dai carabinieri, a cui fu denunciato l'accaduto circa un anno dopo la chiusura dell'inchiesta sul clan che aveva, invece, svolto la Dia.

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