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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Mafia

Un autolavaggio come base operativa del gruppo criminale: luogo di incontri e centro di smistamento della droga

Le indagini della Dda e della Dia sono state avvalorate dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta di Favara. Fra i destinatari del provvedimento anche Valentino Messina, fratello di Gerlandino che è considerato ex vice capo provinciale di Cosa Nostra

L’operazione Kerkent, avviata nel maggio del 2015 e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo - procuratore Francesco Lo Voi, procuratore aggiunto Paolo Guido e sostituti Alessia Sinatra e Claudio Camilleri - ha permesso di disarticolare un’associazione per delinquere con base operativa ad Agrigento e ramificazioni nel Palermitano e in Calabria, capeggiata da Antonio Massimino che è considerato - da investigatori e inquirenti - il reggente della famiglia mafiosa di Agrigento-Villaseta.

Le indagini sono state avvalorate dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta di Favara.

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Tra gli arrestati c’è anche Andrea Puntorno, referente di una delle principali piazze di smercio della droga nella città di Agrigento. In passato membro di un’organizzazione criminale con base a Torino, destinatario di misure cautelari per reati connessi al commercio illegale di sostanze stupefacenti e già indicato quale capo del tifo organizzato della Juventus, gruppo ultras “Bravi ragazzi”, nell’autunno 2018 ha rilasciato un’intervista al programma televisivo Report, ammettendo anche l’attività di bagarinaggio.

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"Le attività investigative hanno messo in risalto la figura criminale di Antonio Massimino (arrestato nel 1999 e nel 2005 nell’ambito delle operazioni Akragas e San Calogero), che, una volta scarcerato, - ha ricostruito la Dia di Agrigento con a capo il vice questore aggiunto Roberto Cilona - aveva ripreso a svolgere la medesima attività criminale, assurgendo ai vertici della famiglia mafiosa di Agrigento/Villaseta per diretta investitura dal boss agrigentino Cesare Lombardozzi (deceduto). Massimino, in tale veste, ha più volte partecipato ad incontri riservati con membri di altre famiglie mafiose, perseguendo un accurato controllo del territorio da esercitare illecitamente, non solo attraverso forme di interferenza nello svolgimento delle attività produttive, ma anche autorizzando la commissione di delitti e facendo leva sulla capacità di intimidazione che gli derivava dal ruolo apicale all’interno del sodalizio mafioso. Particolarmente rilevante - prosegue la ricostruzione ufficiale della Dia - si è rivelata anche la sua capacità di mediazione per dirimere le controversie tra privati spintasi, in una circostanza, a intervenire per comporre un forte dissidio, nell’ambito del quale una delle parti gli aveva chiesto l’autorizzazione a commettere un omicidio per un torto subìto".

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Nel corso delle indagini sono stati raccolti anche elementi su tentativi di estorsione patiti da un imprenditore edile agrigentino. Per tali fatti, nel novembre 2016, la sezione operativa Dia di Agrigento sottopose a fermo, disposto dalla Procura distrettuale di Palermo, Antonio Massimino e Liborio Militello, quest’ultimo condannato, nel 2018, a 4 anni di reclusione per tentata estorsione.

"Antonio Massimino, sin dalla scarcerazione, avvenuta nel gennaio 2015, approfittando del suo carisma, si è premurato di organizzare sia gli aspetti operativi che quelli logistici di un’intensa attività di traffico di stupefacenti, attraverso uno strutturato gruppo criminale armato, dedito al narcotraffico, composto, fra gli altri, - scrive la Dia di Agrigento - da Valentino Messina, fratello di Gerlandino che è considerato ex vice capo provinciale di Cosa Nostra per la provincia di Agrigento. Le attività investigative hanno svelato, inoltre, la disponibilità in capo al gruppo, di armi da fuoco detenute all’interno di diverse abitazioni di Agrigento. Ha avuto riscontro, inoltre, l’iniziale ipotesi investigativa secondo la quale - continua la ricostruzione ufficiale della Dia - i locali adibiti ad un autolavaggio in uso a Giuseppe Messina fossero divenuti base operativa per il gruppo criminale, sede logistica per lo smistamento dello stupefacente, luogo di incontro e di riunioni tra gli appartenenti all’organizzazione, il cui assiduo monitoraggio ha consentito di definirne dinamiche e dimensioni. Dalle indagini è emerso che l’approvvigionamento di sostanza stupefacente è avvenuto con abitualità e da diversificati canali, quali quello: calabrese, della ‘Ndrina Accorinti, per il tramite di un broker agrigentino; Palermitano, espressione della cosca 'della Noce'; di Palma di Montechiaro, ascrivibile ad un gruppo di matrice Stiddara. In linea generale, si tratta di soggetti in possesso di rilevante know how, da anni nel settore degli stupefacenti e delle estorsioni. Il traffico e lo spaccio hanno, in ogni caso, riguardato diversi tipi di droga: cocaina, marijuana, hashish, ma anche ketamina (stupefacente solitamente impiegato per dopare i cavalli ed invece destinato, in questo caso, al consumo umano)".

L'attività investivativa è stata suffragata, oltre che da numerose intercettazioni autoaccusatorie degli indagati, dalle chiamate in correità, ma anche dalle attività delle forze di polizia territoriali, inerenti al sequestro di significative quantità di sostanze stupefacenti, di armi da sparo ed ulteriori fonti di prova. Le indagini hanno evidenziato un contesto desolante di violenza e forza intimidatrice, nel quale le attività illecite si sono espresse con una forma di rozza pressione militare sul territorio, esercitata da criminali senza scrupoli con arroganza, tracotanza e spregiudicatezza.

L’operazione Kerkent, oltre ad indebolire la struttura di Cosa Nostra agrigentina, recide i canali di finanziamento derivanti dal traffico di droga e sottrae dal territorio pericolosi criminali. Le investigazioni si sono avvalse, altresì, di Europol, per stabilire possibili proiezioni all’estero dei traffici illeciti degli arrestati.

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