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Tribunale della libertà

Mafia, racket e traffico di droga: l'inchiesta "Condor" regge al riesame

I giudici confermano il provvedimento restrittivo per il presunto capomafia di Palma, Nicola Ribisi, per i favaresi Giuseppe e Ignazio Sicilia e Domenico Lombardo e per l'imprenditore agrigentino Salvatore Galvano: per il solo Baldo Carapezza, di Palma, cade l'accusa di estorsione

L'operazione antimafia "Condor", che rappresenta l'ideale continuazione dell'inchiesta "Xydi" che ha avuto nell'avvocato Angela Porcello il principale personaggio e ha portato in carcere i nuovi capimafia di due importanti clan mafiosi della provincia di Agrigento, regge al tribunale della libertà a cui i difensori hanno chiesto il riesame del provvedimento restrittivo.

Per il momento sono state rigettate tutte le richieste di scarcerazione ed è stata ritenuta carente sul piano indiziario una sola delle accuse contestate che non ha portato alla modifica della misura cautelare.

Il gip di Palermo Filippo Serio ha disposto 9 misure cautelari fra carcere e domiciliari. L'operazione del Ros è scattata l'11 gennaio. Due i personaggi principali. Si tratta di Nicola Ribisi, 42 anni, di Palma di Montechiaro, che ha già scontato una condanna a 5 anni e 4 mesi per associazione mafiosa dopo un arresto nel 2009 ed è stato di recente tirato in ballo dal pentito Giuseppe Quaranta, e di Giuseppe Sicilia, 43 anni, già detenuto per vicende di mafia. In carcere sono finiti pure: Giuseppe Chiazza, 51 anni, di Palma; Domenico Lombardo, 31 anni, di Favara e Baldo Carapezza, 27 anni, di Palma, operaio.


Ai domiciliari Ignazio Sicilia, 48 anni, fratello di Giuseppe e già coinvolto in vicende di mafia; Salvatore Galvano, 52 anni, titolare di un deposito giudiziario di auto e già arrestato venti anni fa nell'operazione antimafia "San Calogero", Francesco Centineo, 38 anni, di Palermo e Giovanni Cibaldi, 35 anni, commerciante di Licata. Obbligo di dimora, infine, per Luigi Montana, 40 anni, di Ravanusa. 

La prima posizione esaminata è stata quella di Galvano: i difensori, gli avvocati Salvatore Pennica e Francesco Accursio Mirabile, avevano chiesto ai giudici l'annullamento dell'ordinanza cautelare. La Dda gli contesta di avere organizzato, insieme a Lombardo e ai fratelli Sicilia, l'incendio di tutte le auto presenti nel deposito dell'azienda rivale. Accuse che l'indagato, in occasione dell'interrogatorio, ha respinto con forza. Il riesame, in ogni caso, ha confermato il provvedimento restrittivo. 

Istanza parzialmente accolta per il solo Carapezza, accusato di traffico di droga e di un tentativo di taglieggiamento commesso insieme a Chiazza: i due, in particolare, avrebbero provato a farsi consegnare una tangente di 4.000 euro ogni quindici giorni da un imprenditore "da destinare - è l'atto di accusa dei pm - al soddisfacimento dei bisogni della stidda".

I giudici, su questo punto, hanno accolto l'istanza di riesame degli avvocati Santo Lucia e Giuseppe Vinciguerra, e hanno annullato l'ordinanza ritenendo che il quadro indiziario fosse carente: la custodia in carcere, in ogni caso, è stata mantenuta per la contestazione di traffico di droga.

Confermata l'ordinanza, inoltre, per Ribisi, ritenuto a capo della famiglia mafiosa di Palma; per Lombardo accusato di essere un affiliato della cosca di Favara e di un episodio di estorsione e per i fratelli Sicilia. 

Giuseppe Sicilia, ritenuto nell'ambito di altre indagini il capo della famiglia mafiosa di Favara, è accusato di un taglieggiamento ai danni di un'impresa e dell'incendio al deposito dell'impresa di soccorso stradale concorrente di Galvano. Unica accusa, quest'ultima, di cui risponde il fratello Ignazio. Il difensore dei quattro indagati, l'avvocato Giuseppe Barba, e gli altri componenti del collegio di difesa potranno, adesso, impugnare la decisione alla Corte di Cassazione.

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