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Cassazione

Mafia, estorsioni e politica: 26 condanne definitive per il clan della montagna

Il mandamento era stato rimesso in piedi dal 43enne "figlio d'arte" Francesco Fragapane che ambiva a diventare il nuovo capo provinciale: processo da rifare per altri tre imputati

Ventisei condanne diventano definitive, per tre imputati ci sarà - invece - un nuovo processo di appello. La Cassazione mette il primo punto fermo nell'ambito della maxi inchiesta Montagna che ha disarticolato, con il blitz del 22 gennaio del 2018, il nuovo mandamento mafioso.

Il personaggio principale dell'inchiesta è il 43enne Francesco Fragapane, figlio del boss ergastolano ed ex capo provinciale di Cosa Nostra Salvatore Fragapane, ritenuto il capo e promotore del nuovo mandamento della Montagna: la condanna a 14 anni decisa nei suoi confronti diventa definitiva. In primo grado aveva avuto una pena superiore poi ridotta per effetto dell'esclusione dell'aggravante del riciclaggio e della singola assoluzione dall'accusa di estorsione ai danni di un'impresa di Prizzi.

Condanna annullata con rinvio per i fratelli Stefano e Gerlando Valenti di Favara e per Daniele Fragapane di Santa Elisabetta, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. In primo e in secondo grado erano stati condannati a 6 anni di reclusione ma adesso, a seguito di questa decisione, è stato disposto un nuovo processo che si celebrerà in una sezione differente della Corte d’appello di Palermo. 

Le altre condanne, invece, sono diventate tutte definitive con la decisione della Suprema Corte di bocciare tutti gli altri ricorsi fra inammissibilità e rigetti. Ecco il dettaglio delle condanne: Francesco Fragapane (14 anni); Giuseppe Quaranta (7 anni, 6 mesi e venti giorni); Luciano Giuseppe Spoto (16 anni); Giuseppe Nugara (16 anni);  Calogero Limblici (10 anni e 4 mesi); Antonino Vizzì (10 anni e 8 mesi); Vincenzo Cipolla (10 anni e 8 mesi); Massimo Spoto (11 anni); Raffaele La Rosa (10 anni e 8 mesi); Giuseppe Vella (10 anni); Calogero Sedita (8 anni e 8 mesi); Angelo Di Giovanni (8 anni); Luigi Pullara (8 anni); Antonio Licata (3 anni e 8 mesi); Calogero Quaranta (4 anni e 13 giorni); Calogero Maglio ( 4 anni e 8 mesi); Antonio Domenico Cordaro (10 anni e 50 mila euro multa); Franco D’Ugo (4 anni e 4 mesi e 5 mila euro multa); Santo Di Dio (4 anni); Vincenzo Dolce (3 anni); Francesco Maria Drago (1 anno e 8 mesi e mille euro multa); Alessandro Geraci (3 anni); Vincenzo Pilliterri (6 anni e 4 mesi e 14 mila euro multa); Salvatore Puma (6 anni e 20 mila euro multa); Concetto Errigo (4 anni e 4 mila euro di multa); Carmelo Battaglia (4 anni e 4 mila euro).

L'operazione ha fatto scattare decine di arresti fra affiliati e boss della vecchia e nuova mafia della provincia di Agrigento, sgominando anche un traffico di droga e svelando alcuni intrecci fra Cosa nostra e la politica. In carcere, allora, finì il sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella, in seguito condannato a 6 anni e 8 mesi con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il Comune, in seguito all'inchiesta, fu sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata.

Francesco Fragapane, secondo quanto ha accertato il processo, aveva rimesso in piedi il cosiddetto mandamento della montagna servendosi come braccio destro del favarese Giuseppe Quaranta che, pochi giorni dopo l'arresto, si pentì confermando le ipotesi accusatorie degli inquirenti e aprendo numerosi altri spunti investigativi. 

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