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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia

Le cure da latitante di Messina Denaro, l'oncologo indagato: "Non ho mai incontrato il paziente"

Dopo l'arresto del medico di base di Campobello di Mazara Alfonso Tumbarello, Filippo Zerilli, primario del Sant'Antonio Abate, respinge le accuse: "La visita per Andrea Bonafede era fissata per il 9 dicembre 2020, non ho avuto alcun contatto con lui"

"Non ho mai conosciuto Andrea Bonafede prima del suo ingresso in ospedale né ho avuto con lui contatti personali per fissare la visita oncologica". A dichiararlo è il medico trapanese Filippo Zerilli, primario del reparto di Oncologia dell'ospedale Sant'Antonio Abate, indagato nell'ambito dell'inchiesta sui fiancheggiatori dell'ex superlatitante Matteo Messina Denaro.

Dopo l'arresto per concorso esterno in associazione mafiosa di un altro dottore, Alfonso Tumbarello che, da medico di base, secondo la Procura, avrebbe seguito costantemente il boss dal 2020, prescrivendo ben 137 tra ricette per farmaci ed esami al geometra "Andrea Bonafede" - l'uomo in carcere proprio perché ha prestato l'identità al mafioso - senza poter ignorare la vera identità del paziente, arriva il chiarimento di Zerilli.

"Ho sempre esercitato la professione con scienza e coscienza - scrive in una nota l'oncologo - e non fa eccezione quanto accaduto in relazione al paziente Andrea Bonafede (alias Matteo Messina Denaro) per il quale, il 3 dicembre 2020, in risposta a una richiesta di visita oncologica della Chirurgia di Mazara del Vallo, supportata da un referto istologico del laboratorio di Anatomia patologica dell'ospedale di Castelvetrano del 24 novembre 2020, è stata fissata all'Unità operativa che dirigo, segnata nell'agenda di reparto il 9 dicembre 2020. Non vi è altra documentazione, a mia conoscenza, dalla quale risulti la presenza del paziente Andrea Bonafede all'ospedale di Trapani".

Nel caso di Tumbarello, il gip Alfredo Montalto ha disposto l'arresto e il carcere - come richiesto dal procuratore Maurizio De Lucia, dall'aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Pierangelo Padova e Gianluca De Leo - ritenendo che il medico non potesse ignorare la vera identità di "Andrea Bonafede": il geometra, come la sua famiglia, era suo paziente sin dal 2018 e in un contesto piccolo come quello di Campobello di Mazara, il dottore avrebbe dovuto necessariamente conoscerlo. Non solo: dal 2019 e fino alla fine del 2022, nonostante la grave patologia per la quale era in cura "Andrea Bonafede" non risulterebbe alcun contatto telefonico tra i due. In più la stessa segretaria del medico ha dichiarato di non aver mai visto in studio il vero Andrea Bonafede e che a ritirare ricette e consegnare documenti sarebbe stato il suo cugino omonimo, finito in carcere anche lui ieri.

Ecco perché Zerilli precisa di non aver mai incontrato "Andrea Bonafede", aggiungendo di non avere neppure memoria di "un mio eventuale contatto personale con il paziente il 9 dicembre del 2020, né ritengo si possa pretendere che ne abbia memoria considerato che allora tutte le visite avvenivano (come ancora oggi) indossando la mascherina".

L'oncologo, che è stato sottoposto a procedimento disciplinare da parte dell'Ordine dei medici, sottolinea poi che, proprio durante la sua audizione in questo contesto, "ho rivolto ai miei colleghi medici un'osservazione: l'esame del dna nei pazienti da trattare con farmaci chemioterapici ha la funzione di individuare eventuali polimorfismi che possono aumentare la tossicità del farmaco, non certo di individuare l'identità dei pazienti".

Zerilli conclude: "Sottolineo che dall'inizio di questa vicenda, il 16 gennaio scorso, non mi sono mai assentato dal lavoro, come dimostrano le mie presenze in ospedale. Auspico una rapida e positiva conclusione di questa vicenda. La magistratura chiarirà la mia totale estraneità a un contesto che non mi appartiene".

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