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Mafia, "colpo" ai fedelissimi di Messina Denaro: fra i fermati anche un agrigentino

Andrea Ingraldo è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, secondo la Dda avrebbe assunto fittiziamente Nicolò Pidone (ritenuto - da investigatori e inquirenti - il personaggio chiave dell'inchiesta) per far figurare l'esistenza di una regolare posizione lavorativa e attenuare la misura di sicurezza

C'è anche un imprenditore agricolo di origini agrigentine, Andrea Ingraldo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, fra i  13 fermati ritenuti insospettabili fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro. Lo riporta l'Ansa. Ingraldo è accusato di aver assunto fittiziamente Nicolò Pidone (ritenuto - da investigatori e inquirenti - il personaggio chiave dell'inchiesta) per far figurare l'esistenza di una
regolare posizione lavorativa e attenuare la misura di sicurezza. 

Il blitz della polizia nel Trapanese è scattato nei confronti di una serie di presunti mafiosi molti dei quali vicini al numero uno di Cosa Nostra, il boss Matteo Messina Denaro. Tredici appunto i provvedimenti di fermo emessi dai magistrati della Dda di Palermo che centinaia di agenti delle squadre mobili di Palermo e Trapani, supportati da quelli del Servizio centrale operativo, hanno eseguito. Venti gli
indagati tra i quali anche il sindaco di Calatafimi Segesta, accusato di corruzione elettorale ed estorsione, e diversi imprenditori.

Nicolò Pidone, già condannato per associazione mafiosa, è stato ritenuto - da investigatori e inquirenti - il personaggio chiave dell'inchiesta. Pidone, ritenuto a capo della cosca di Calatafimi, organizzava summit di mafia in una dependance fatiscente vicina alla sua masseria; lì venivano assunte le principali decisioni che riguardavano il clan, secondo gli investigatori. Tra gli indagati anche altri condannati per mafia. 

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