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Mafia, inchiesta "Nuova Cupola": fissato il processo di appello ter

Si torna in aula, per il sesto giudizio dopo ben tre passaggi in Cassazione, per nove imputati della maxi operazione che ha disarticolato le famiglie di Cosa Nostra

Il 13 novembre davanti alla seconda sezione della Corte di appello: riparte, per la sesta volta, il processo scaturito dalla maxi inchiesta "Nuova Cupola" che ha disarticolato, col blitz del 26 giugno del 2012, le nuove famiglie mafiose della provincia di Agrigento anche se, nel complesso, le assoluzioni sono state superiori alle condanne.

Mafia, inchiesta "Nuova Cupola": il verdetto della Cassazione

I giudici della Suprema Corte, lo scorso 27 marzo, hanno disposto un annullamento con rinvio, ordinando il terzo processo di appello, per nove imputati. La Cassazione aveva già messo dei paletti sancendo la condanna definitiva di tutti. Tuttavia il processo dovrà accertare alcune aggravanti con la possibilità, quindi, di aumentare la pena. 

Depositate le motivazioni della Cassazione

Il nuovo giudizio - il sesto dopo due annullamenti della Cassazione - riguarderà innanzitutto il sambucese Leo Sutera. E' lui, secondo quanto ha accertato il processo, il successore di Giuseppe Falsone al vertice di Cosa Nostra agrigentina. La condanna a tre anni (in continuazione con la sentenza dell'operazione "Cupola") è definitiva ma il terzo giudizio di appello dovrà accertare se sussiste l'aggravante del riciclaggio delle risorse economiche in seno all'organizzazione. La pena nei confronti del boss sessantottenne, difeso dagli avvocati Nicola Grillo e Carlo Ferracane, di conseguenza, potrà anche essere aumentata o confermata ma non diminuita.

Situazione simile per altri otto imputati. Innanzitutto il palmese Francesco Ribisi, 35 anni, ritenuto il numero 2 di Cosa Nostra: la sua condanna a 15 anni e 4 mesi potrà essere rideterminata al ribasso oppure confermata, dopo avere valutato se sussistono le aggravanti del riciclaggio e quella specifica, relativa a un episodio di rapina, commessa per finanziare l'associazione mafiosa. I giudici dovranno valutare se sussiste l'aggravante dell'avere commesso il fatto "in più persone riunite".

Il braccio destro di Ribisi (difeso dagli avvocati Daniela Posante e Valerio Vianello Accorretti), secondo quanto hanno accertato i processi, era Giovanni Tarallo, 33 anni, di Santa Elisabetta (assistito dagli avvocati Giuseppe Barba e Vincenzo D'Ascola). La sua condanna a 15 anni sarà ridiscussa in Corte di appello per la terza volta per le stesse ragioni di Ribisi. Un altro imputato è Fabrizio Messina, 42 anni, di Porto Empedocle, fratello dei boss Gerlandino e Salvatore. L'empedoclino, difeso dagli avvocati Antonino Gaziano e Salvatore Pennica, è l'unico dei quattro che al momento è libero perchè ha già scontato quattro anni prima che la condanna gli venisse aumentata a sei anni.

Per altri cinque imputati il nuovo processo di appello servirà a esaminare l'aggravante del riciclaggio e quindi, anche in questo caso, la condanna, già definitiva, potrebbe essere rideterminata. Si tratta di Luca Cosentino (10 anni e 8 mesi); Pietro Capraro, classe 1985 (9 anni, 2 mesi e 20 giorni); Giuseppe Infantino (11 anni e 8 mesi), Natale Bianchi (9 anni, 10 mesi e 20 giorni) e Antonino Gagliano, classe 1972 (8 anni). 

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