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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Mafia

Mafia, inchiesta "Montagna": la Cassazione annulla due scarcerazioni

Disposto un nuovo passaggio al tribunale del riesame per decidere se disporre il nuovo arresto del medico Pietro Stefano Reina e di Raffaele La Rosa

La Corte di Cassazione mette in discussione due scarcerazioni decise dal tribunale del riesame per altrettanti indagati dell’operazione “Montagna” che il 22 gennaio scorso ha disarticolato, con 53 arresti, le nuove famiglie mafiose della provincia di Agrigento.

Al tempo stesso, dichiarando inammissibile il ricorso dei pubblici ministeri della Dda Claudio Camilleri, Alessia Sinatra e Geri Ferrara, ha confermato il no definitivo all’arresto del favarese Giuseppe Blando, 53 anni, accusato di associazione mafiosa ed estorsione. Il tribunale del riesame aveva annullato l’arresto nei confronti dell’imprenditore agricolo (difeso dagli avvocati Maria Alba Nicotra e Rosalia Palumbo Piccionello) tirato in ballo più volte dal neo collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta. La Suprema Corte ha confermato l’ordinanza del riesame e, quindi, la scarcerazione diventa definitiva.

Annullamento con rinvio, invece, e quindi ci sarà un nuovo passaggio al tribunale del riesame per decidere se disporre il nuovo arresto, per altri due indagati che erano stati scarcerati. Si tratta di Raffaele La Rosa, 59 anni, di San Biagio Platani, e del medico pediatra Pietro Stefano Reina, 66 anni, di San Giovanni Gemini. Il primo (difeso dall’avvocato Antonino Gaziano) era accusato di essere un affiliato della famiglia mafiosa del suo paese. I giudici del riesame avevano annullato l’ordinanza cautelare in carcere ritenendo che il gip avesse disposto l’arresto “senza motivare adeguatamente in maniera autonoma rispetto alla richiesta del pm”.

La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto che si debba fare un nuovo passaggio al riesame per confermare o rivedere il primo provvedimento. Analoga decisione per la posizione del pediatra, accusato di “scambio elettorale politico-mafioso”. Reina, difeso dagli avvocati Lillo Fiorello e Riccardo Pinella, era accusato di avere chiesto dei voti per la moglie, candidata al consiglio comunale di Cammarata nel 2015, al presunto mafioso di Cammarata Calogerino Giambrone, 55 anni. La contropartita prospettata per il suo interessamento sarebbe stata una fornitura di caffè, offerta per il cognato di Giambrone, per il bar del Motel San Pietro, tradizionale punto di riferimento per tutti i viaggatori che da Agrigento vanno a Palermo e viceversa. L’area di servizio, infatti, è del cognato del pediatra. 

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