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Assistente parlamentare braccio destro del boss? Processo di appello al via per Nicosia e Dimino

L'ex collaboratore della deputata Giusi Occhionero, ed esponente dei Radicali, in primo grado è stato condannato a 16 anni e 8 mesi. Venti anni ad Accursio Dimino col quale avrebbe gestito la cosca e progettato estorsioni e un omicidio. Sotto accusa pure due fiancheggiatori

Riparte in appello il processo a carico dell'ex esponente dei Radicali Italiani Antonello Nicosia, 50 anni, condannato lo scorso 30 marzo a 16 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa e falso. 

Secondo quanto ha accertato finora il processo, avrebbe progettato estorsioni e omicidi insieme al boss di Sciacca Dimino, 63 anni, condannato a 20 anni, e si sarebbe introdotto nelle carceri per incontrare mafiosi detenuti grazie al suo ruolo di assistente parlamentare della deputata di Italia Viva Giusy Occhionero processata separatamente.

I due coimputati di Nicosia e Accursio Dimino, Paolo e Luigi Ciaccio, fratelli gemelli di 35 anni, accusati di favoreggiamento, sono stati condannati a 2 anni e 4 mesi. La sentenza di primo grado è stata emessa dal gup di Palermo, Fabio Pilato. I difensori - gli avvocati Salvatore Pennica, Paolo Imbornone, Gioacchino Sbacchi e Rosanna Vella - hanno impugnato il verdetto che sarà ridiscusso, davanti ai giudici della quarta sezione della Corte di appello, il primo febbraio. 

Nicosia venne fermato dalla Dda di Palermo a novembre del 2019. Con lui finì in manette Dimino, capomafia di Sciacca. Pedagogista, esponente dei Radicali Italiani, noto per le sue battaglie in favore dei diritti dei detenuti, Nicosia non era comunque un insospettabile: negli anni Duemila, infatti, aveva rimediato una condanna a 10 anni e 8 mesi per traffico di droga.

Nicosia parlava come un uomo d'onore, progettava insieme al capomafia, suo frequentatore abituale, danneggiamenti, estorsioni e omicidi. E, utilizzando il ruolo di collaboratore parlamentare di Giusy Occhionero, deputata di Leu, poi passata a Italia Viva, sostiene l'accusa, incontrava boss detenuti, dava loro consigli, si accertava che non si pentissero e riferiva all'esterno i loro messaggi. Per questo l'inchiesta è stata chiamata "Passepartout".

Occhionero è sotto processo separatamente con l'accusa di falso in concorso con il Radicale che è stato condannato, oltre che per mafia, anche per questo capo di imputazione. Avrebbe fatto passare il Radicale, allora conosciuto solo telefonicamente, per suo assistente, consentendogli di entrare con lei nelle carceri senza autorizzazione. 

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