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Mafia Licata

"Pestaggi, usura ed estorsione con metodo mafioso": chiesto rinvio a giudizio per padre e figlio

A processo finiscono Antonino e Paolo Greco: quest'ultimo è stato arrestato anche per avere sparato addosso ai poliziotti che stavano collocando le cimici in piena notte

A processo con le accuse di usura aggravata e tentata estorsione con metodo mafioso: i pubblici ministeri della Dda di Palermo, Claudio Camilleri e Pierangelo Padova, hanno chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di Antonino e Paolo Greco, padre e figlio, di Licata, 49 e 22 anni.

I due imputati (che hanno nominato come difensori gli avvocati Angela Porcello, Francesco Lumia e Giovanni Lomonaco) nel maggio scorso furono sottoposti a fermo di indiziato di delitto da parte dei poliziotti della squadra mobile. L'inchiesta, conclusa rapidamente e già approdata in aula per il processo, ha accertato tre presunti casi di usura. Nel primo episodio la vittima, alla quale erano stati prestati 35mila euro, sarebbe stato costretto dai due imputati a restituirne 54mila, con un tasso di interesse del 54 per cento.

Il solo Antonino Greco, per costringerlo a pagare, lo avrebbe picchiato e minacciato di uccidere i suoi familiari.

Un'altra vittima dello strozzinaggio, al quale sarebbe stato imposto di restituire un prestito con un tasso del 240 per cento annuo, sarebbe stata aggredita con un tubo di acciaio da Antonino Greco e minacciata di morte. Padre e figlio, inoltre, avrebbero fermato l'auto di un conoscente e avrebbero minacciato di ucciderlo con un bastone se non gli avesse dato 11.500 euro. La vittima sarebbe stata brutalmente picchiata per il rifiuto di pagare.

L'udienza preliminare per discutere della richiesta di rinvio a giudizio è stata fissata per il 30 maggio davanti al gup di Palermo, Ermelinda Marfia. Antonino Greco, in passato, è stato coinvolto nell'operazione "Sciacallo" che ha sgominato un giro di usura nella zona di Licata.

Nel corso dell'indagine, inoltre, si è sfiorata la tragedia perchè, mentre i poliziotti della squadra mobile "scortavano" i tecnici che stavano collocando in piena notte le microspie davanti alla sua abitazione, il giovane - già a processo per questi fatti che, comunque, nega - avrebbe fatto fuoco contro di loro fuggendo e venendo arrestato dopo un'ora per via delle scarpe colorate riconosciute dagli agenti". 

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